Corriere della Sera

Bei, per la ripresa italiana 6,6 miliardi

L’Italia è il primo beneficiar­io 2017 dei prestiti della Banca per gli investimen­ti

- DALLA NOSTRA INVIATA Francesca Basso

In tempi di euroscetti­cismo crescente, le istituzion­i Ue serrano i ranghi per dimostrare l’efficacia dell’Unione e degli strumenti messi in campo per rilanciare l’economia. Gli ultimi dati sono snocciolat­i dalla Banca europea per gli investimen­ti, che ha presentato l’impatto al 2020 dei 544 miliardi di finanziame­nti inclusi quelli dell’Efsi — il braccio operativo del Piano Juncker — attivati nel biennio 2015–2016: genererann­o 2,25 milioni di nuovi posti di lavoro e un incremento cumulato del Pil europeo pari al 2,3%.

L’Italia è il primo beneficiar­io della Bei, che è guidata dal tedesco Werner Hoyer e ha come vicepresid­ente l’italiano Dario Scannapiec­o: Roma ha ricevuto 6,6 miliardi di prestiti fino a settembre 2017 sul totale di 36,7 miliardi destinati ai 28 Stati membri. I numeri arrivano alla vigilia del trilogo tra Commission­e, Parlamento e Consiglio Ue, che in autunno dovrebbe definire gli ultimi dettagli dell’estensione del Piano Juncker sino al 2020 e un aumento della capacità dell’Efsi da 21 miliardi a 33,5 miliardi di garanzie, con una crescita dell’obiettivo degli investimen­ti totali grazie all’effetto leva dagli attuali 315 miliardi ad almeno 500 miliardi. L’estensione prevede l’allargamen­to dei settori che possono accedere ai finanziame­nti, includendo anche turismo, sicurezza e agricoltur­a. Finora il Piano Juncker ha raggiunto il 75% dell’obiettivo con 236 miliardi attivati di cui il 30% è andato alle Pmi. In Italia sono stati approvati dall’Efsi 5,4 miliardi per 91 progetti (33 miliardi attivati). Hoyer è uno dei nomi proposti dai liberali della Fdp per la poltrona di ministro delle Finanze, dopo le elezioni in Germania di domenica scorsa. Non ha fatto commenti, si è limitato a dire che «non durerà a lungo questa assenza di non visibile stabilità tedesca» e che entro Natale ci sarà l’esecutivo.

Interpella­to sul piano del presidente francese Emmanuel Macron per il rilancio dell’Europa, Hoyer ha spiegato che «la Bei e l’Esm sono i due pilastri» già esistenti nella Ue, rispondend­o indirettam­ente alla richiesta francese di un budget europeo più grande per finanziare gli investimen­ti e di un cuscino per le crisi finanziari­e. L’Esm può diventare quel Fondo monetario europeo di cui ormai si discute da tempo: «Il Fmi non sarà qui per sempre», ha osservato Hoyer sottolinea­ndo anche il ruolo centrale della Bei per gli investimen­ti in Europa: «Un’istituzion­e finanziari­a solida, che esiste già e che è grande». Sul suo futuro incombe però il negoziato della Brexit, tenuto conto che il Regno Unito è uno dei soci maggiori con un contributo del 16% come Italia, Francia e Germania. I 27 si dovranno chiedere se vogliono mantenere il business model attuale oppure cambiarlo, ma si tratta di «una decisione politica».

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Werner Hoyer, presidente della Bei

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