Bei, per la ripresa italiana 6,6 miliardi
L’Italia è il primo beneficiario 2017 dei prestiti della Banca per gli investimenti
In tempi di euroscetticismo crescente, le istituzioni Ue serrano i ranghi per dimostrare l’efficacia dell’Unione e degli strumenti messi in campo per rilanciare l’economia. Gli ultimi dati sono snocciolati dalla Banca europea per gli investimenti, che ha presentato l’impatto al 2020 dei 544 miliardi di finanziamenti inclusi quelli dell’Efsi — il braccio operativo del Piano Juncker — attivati nel biennio 2015–2016: genereranno 2,25 milioni di nuovi posti di lavoro e un incremento cumulato del Pil europeo pari al 2,3%.
L’Italia è il primo beneficiario della Bei, che è guidata dal tedesco Werner Hoyer e ha come vicepresidente l’italiano Dario Scannapieco: Roma ha ricevuto 6,6 miliardi di prestiti fino a settembre 2017 sul totale di 36,7 miliardi destinati ai 28 Stati membri. I numeri arrivano alla vigilia del trilogo tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue, che in autunno dovrebbe definire gli ultimi dettagli dell’estensione del Piano Juncker sino al 2020 e un aumento della capacità dell’Efsi da 21 miliardi a 33,5 miliardi di garanzie, con una crescita dell’obiettivo degli investimenti totali grazie all’effetto leva dagli attuali 315 miliardi ad almeno 500 miliardi. L’estensione prevede l’allargamento dei settori che possono accedere ai finanziamenti, includendo anche turismo, sicurezza e agricoltura. Finora il Piano Juncker ha raggiunto il 75% dell’obiettivo con 236 miliardi attivati di cui il 30% è andato alle Pmi. In Italia sono stati approvati dall’Efsi 5,4 miliardi per 91 progetti (33 miliardi attivati). Hoyer è uno dei nomi proposti dai liberali della Fdp per la poltrona di ministro delle Finanze, dopo le elezioni in Germania di domenica scorsa. Non ha fatto commenti, si è limitato a dire che «non durerà a lungo questa assenza di non visibile stabilità tedesca» e che entro Natale ci sarà l’esecutivo.
Interpellato sul piano del presidente francese Emmanuel Macron per il rilancio dell’Europa, Hoyer ha spiegato che «la Bei e l’Esm sono i due pilastri» già esistenti nella Ue, rispondendo indirettamente alla richiesta francese di un budget europeo più grande per finanziare gli investimenti e di un cuscino per le crisi finanziarie. L’Esm può diventare quel Fondo monetario europeo di cui ormai si discute da tempo: «Il Fmi non sarà qui per sempre», ha osservato Hoyer sottolineando anche il ruolo centrale della Bei per gli investimenti in Europa: «Un’istituzione finanziaria solida, che esiste già e che è grande». Sul suo futuro incombe però il negoziato della Brexit, tenuto conto che il Regno Unito è uno dei soci maggiori con un contributo del 16% come Italia, Francia e Germania. I 27 si dovranno chiedere se vogliono mantenere il business model attuale oppure cambiarlo, ma si tratta di «una decisione politica».