Il salvataggio Carige nelle mani dei (grandi) obbligazionisti
(f.mas.) Carige riunisce oggi l’assemblea straordinaria per votare l’aumento di capitale da 560 milioni di euro per ricapitalizzare la banca. Ma dai banchi della presidenza si guarderà non tanto — o non solo — alle scelte dei soci ma agli orientamenti degli obbligazionisti subordinati, in particolare a quel manipolo di 3-4 investitori istituzionali che possono fare la differenza. Perché l’operazione complessiva di rafforzamento patrimoniale della banca guidata da Paolo Fiorentino (nella foto), orchestrata da Credit Suisse e Deutsche Bank, abbia successo bisogna arrivare a 1 miliardo di nuovo capitale. Oltre all’aumento vero e proprio e alla cessione degli immobili, almeno 250-260 milioni dovranno arrivare — secondo le stime di fonti vicine al dossier — dalla conversione, a sconto, dei bond subordinati in obbligazioni senior che partirà domani. Attualmente il prezzo di mercato oscilla, a seconda delle emissioni, fra 30 e 60 punti sul nominale, mentre l’offerta di scambio di Carige si aggirerebbe attorno al 50% del nominale così da generare una plusvalenza di 260 milioni. Le Generali, che possiedono circa 80 milioni in bond, sarebbero possibiliste; è così pure Intesa Sanpaolo; mentre sarebbero più riottosi altri investitori, che vorrebbero strappare di più sul prezzo. Ma il tempo stringe: l’operazione va chiusa entro l’anno. E la Vigilanza Bce, che ieri ha dato il via libera ufficiale, ha avvertito nei documenti integrativi che senza un successo pieno della ricapitalizzazione si potrebbe porre addirittura un tema di continuità aziendale.