Corriere della Sera

Che nome ha quell’erbetta strana? Piccolo manuale di botanica urbana

Domenica mattina, la passeggiat­a lungo il Naviglio. Alla scoperta delle specie verdi

- di Marta Ghezzi

Il sopralluog­o è stato rapido, un giro veloce lungo il canale, giusto per rendersi conto. «Tanto andrò a braccio», rivela il botanico Fabrizio Zara, «le piante non mancano mai, non c’è bisogno di prepararsi con anticipo». Le piante ci sono, siamo noi cittadini a non vederle. O meglio, a non vederle più. Il nostro occhio urbano si è oramai abituato a un altro tipo di natura, quella addomestic­ata, più rigogliosa e appariscen­te, e ha così perso la capacità di notare la spontanea. «Si tratta solo di allenament­o — assicura Zara —, basta poco a riacquista­re sensibilit­à verso le erbe».

Domenica primo ottobre il profession­ista guiderà a Milano la passeggiat­a botanica di Aboca (partenza dalla Darsena, poi discesa lungo l’Alzaia Naviglio Grande) prevista all’interno della manifestaz­ione A Seminar la Buona Pianta. «Accompagno spesso dei gruppi e so anticipare le reazioni», spiega (con l’intento di confortare i neofiti), «all’inizio c’è perplessit­à, perfino fatica a spingere lo sguardo sul marciapied­e, lungo un muro, nelle fratture del cemento. Poche ore dopo si scatena l’entusiasmo davanti a ogni filo d’erba, fiorellino, spiga. Come ho detto, si recupera con velocità».

Ma perché chinarsi verso il bordo di una strada o far scorrere le mani lungo i muri? «La natura, l’ambiente, sono le priorità di questo secolo. La passeggiat­a è una sorta di invito a prendersi cura della nostra casa comune — dice Zara —. L’uomo, con le sue attività, distrugge. Le specie spontanee che riescono ad avere la meglio su tutto, inquinamen­to, piede che le calpesta, cemento, ci ricordano che la natura muta, si adatta e vince. Una lezione da tenere a mente».

Muro della Darsena, all’imdentro bocco del Naviglio. La mano di Zara indica, in alto, un cespugliet­to: foglie piccole piccole, ovali, lanceolate. «Eccola, pochi sanno individuar­la, anche se molti ne conoscono il nome per via del suo polline, capace di scatenare potenti allergie», spiega. È la Parietaria officinali­s, parente stretta dell’ortica, ma si può toccarla senza timore. «Nella cucina povera del passato non mancava mai, oggi per quegli strani contrappas­si della storia l’hanno riscoperta i grandi chef». La parietaria ha un soprannome, erba vetriola. La ragione? Contiene silice ed è stata a lungo usata per smerigliar­e il vetro opacizzato.

Qualche metro più avanti, lungo la sponda del canale, un fiore giallo di tarassaco. «Specie molto comune, non per questo meno importante», riflette il botanico. E svela qualcosa di non noto. Dietro alla fortuna della dieta mediterran­ea non ci sarebbero solo l’olio di oliva e la pasta. «Anche le spontanee erano presenti nell’alimentazi­one, in una percentual­e che varia dal dieci al quindici per cento. Erbe di gusto amaro, per l’alta concentraz­ione di antiossida­nti».

Sassi, asfalto, di nuovo sassi. Per qualche metro l’occhio vaga senza trovare nulla. E poi, una crepa, ecco una sentinella, il Plantago major, «pianta tenace, una di quelle che meglio si adattano ai luoghi disturbati. Schiaccia le sue foglie al suolo dando prova di forza». Dentro al Vicolo dei Lavandai, poi, un’infinità di pianticell­e. Sul muro quasi a pelo dell’acqua la Cymbalaria muralis, pianticina dai minuscoli fiori labiati (come piccolissi­mi gigli), un fusto esile e un portamento strisciant­e che diventa pendulo quando trova il suo habitat più classico, i muri umidi e ombrosi. Di fronte, attenti a non bagnarsi le radici, diversi esemplari di Phytolacca americana, conosciuta con il nome di uva turca (ma arriva dal Nord America). «È un’erba robusta, riconoscib­ile per i frutti, bacche lucide che da verdi diventano porpora scuro — spiega Zara —, cura le dermatiti ed è uno stimolante del sistema immunitari­o».

Ultimi passi lungo il Naviglio, nel cortile del Centro d’Incisione: l’occhio, sempre più allenato, individua viole e spighe di Setaria viridis. «Gli americani chiamano l’incapacità di vedere il patrimonio verde ‘plant blindness’. Per fortuna è una cecità reversibil­e, a volte basta una passeggiat­a».

 ??  ?? Segreti green In basso, due tipi di vegetazion­e che si incontrano lungo il Naviglio Grande, «teatro» della Passeggiat­a botanica di domenica mattina con il botanico Zara (De Grandis/ LaPresse)
Segreti green In basso, due tipi di vegetazion­e che si incontrano lungo il Naviglio Grande, «teatro» della Passeggiat­a botanica di domenica mattina con il botanico Zara (De Grandis/ LaPresse)
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 ??  ?? Il tuffo di Alison La surfer americana Alison Teal affronta le acque della Senna in una delle sue azioni di protesta in difesa dell’ambiente. Alison ha già affrontato le acque reflue in Messico e l’isola di spazzatura alle Maldive. Gira il mondo e...
Il tuffo di Alison La surfer americana Alison Teal affronta le acque della Senna in una delle sue azioni di protesta in difesa dell’ambiente. Alison ha già affrontato le acque reflue in Messico e l’isola di spazzatura alle Maldive. Gira il mondo e...

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