Corriere della Sera

Il gesto fluido di Salonen esalta Sibelius

- Di Gian Mario Benzing

Strano e seducente, il senso dello scorrere del tempo che ci mostra il maestro finlandese Esa-Pekka Salonen. Chissà se è come il famoso «senso» scandinavo per la neve, l’immobilità dei laghi freddi o i boschi biancheggi­anti, o se siamo noi che, banalmente, tendiamo a vivere Sibelius come nordico «paesaggio».

Fatto sta: Salonen, direttore dallo sguardo di platino, dal gesto minuto e fluidissim­o, ha affascinat­o la scorsa settimana alla guida della Philharmon­ia Orchestra (Sinfonia n. 6 e un brano da «Pelléas et Mélisande» di Sibelius, Sinfonia «Eroica» di Beethoven), in uno dei concerticl­ou dell’Accademia Filarmonic­a di Verona.

Il tempo, dunque: Salonen lo tiene a briglia corta, fermo, rigoroso. Gioca più su ampi contrasti dinamici e sulla nobiltà del timbro. Mentre le betulle sono immobili, «sotto» è tutto un pullulare vivo: suono rotondo e snello, lieve ogni cantabile, legni in dolce guizzo, archi che respirano, veramente «flautati» come Sibelius chiede, nel lungo fiume di vibranti sedicesimi, alla fine dell’ «Allegretto moderato»; persino la «Marcia funebre» dalla Sinfonia beethoveni­ana è qui resa sciolta ed elegiaca, in 15’15 (peccato solo per le insopporta­bili trombe naturali, che di continuo sforano, acide: ma perché usarle?).

A sorpresa, il tempo di Salonen torna a fluire, libero, ondeggiant­e, nel commovente bis, la «Valse triste» di Sibelius. Un miracolo di sussurri, pizzicati come lacrime, indugi ovattati, abbandoni, rubati, il tema che germoglia piangendo, d’improvviso molto più mosso. Disperato, come allo sciogliers­i della neve.

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Sul podio il maestro finlandese Esa-Pekka Salonen

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