Una struttura di Milano modello dell’Unhcr per un centro di transito dei profughi a Tripoli
Un centro di transito per i rifugiati a Tripoli. Una struttura all’interno della capitale, mille posti almeno, donne, bambini, malati, «vulnerabili» prima di tutti, a cui dare piena assistenza nella prospettiva a breve termine di un trasferimento altrove (non solo in Europa). È una trattativa concreta in corso con il governo Sarraj, potrebbe concludersi a breve, diventerebbe un caso di scuola e rappresenterebbe una svolta significativa nella «crisi dei profughi» che attraversano il Nord Africa. È l’obiettivo a cui sta lavorando il rappresentante dell’agenzia Onu per i rifugiati in Libia, Roberto Mignone. Un italiano, con una lunga esperienza internazionale e in posizioni di spicco nelle Nazioni Unite, ora impegnato su questo nuovo complicato fronte. Di base a Tunisi, in questi giorni Mignone è passato da Milano per accompagnare una delegazione di quattro funzionari del governo libico a visitare il centro che farà da esempio: la struttura di accoglienza per richiedenti asilo all’interno della caserma Montello. È una gestione provvisoria (affidata alla Fondazione Fratelli di San Francesco), allestita in emergenza lo scorso novembre in un edificio di proprietà del Genio militare, già destinato al Viminale per uffici di polizia. Soprattutto è un modello che funziona, Mignone ne ha avuto «un’impressione molto positiva», e così gli ospiti stranieri. La
La caserma Montello L’inviato dell’agenzia Onu, Mignone, ha accompagnato funzionari del governo Sarraj alla caserma Montello: «Esempio positivo»
struttura individuata a Tripoli ha delle caratteristiche simili: è un ex centro di addestramento della polizia e si trova all’interno della città. Il punto fondamentale su cui sarà necessario rassicurare i libici è che si tratterà di un’assistenza provvisoria: non è un campo profughi nel mezzo della capitale, ma un luogo di passaggio. La questione sulla quale l’Unhcr non transige, però, è che dovrà essere garantita libertà di movimento. «Non può diventare un altro centro di detenzione», spiega Mignone, che non nasconde le critiche alle strutture libiche in cui sono tenuti prigionieri migranti e rifugiati. Finora l’unica speranza dell’Unhcr è visitare queste carceri, individuare i richiedenti asilo (almeno 6.500 dal 2016 a oggi) e ottenerne la liberazione. Con il centro di transito si aprirebbe la possibilità di metterli in salvo fuori dalla Libia.