Tangenti, assolto Penati: «Mi riprendo la vita»
L’applauso liberatorio degli imputati del processo sul «Sistema Sesto» che sono in aula sovrasta e copre la voce del presidente della seconda sezione della Corte d’appello mentre sta ancora leggendo le ultime parole della sentenza che solo qualche avvocato si sforza ancora di afferrare. Assodato che tutti sono stati assolti, e per la seconda volta, gli occhi si voltano d’istinto verso Filippo Penati. L’ex braccio destro di Pierluigi Bersani, ex presidente Ds della provincia di Milano ed ex sindaco di Sesto San Giovanni è in un angolo e sta già chiamando i familiari con il telefonino.
«Sono sempre stato convinto dall’inizio che non ci sarebbe stata alcuna possibilità diversa dall’assoluzione e dal provare la mia completa estraneità dai fatti» contestati, dichiara visibilmente soddisfatto.
Come aveva fatto il Tribunale di Monza il 10 dicembre del 2015, ora anche la Corte d’appello cancella le accuse di corruzione e di finanziamento illecito dei partiti che erano mosse ai dieci imputati dalla procura di Monza e che sono state ribadite in secondo grado nell’ipotesi che tutti avessero fatto parte di un inestricabile sistema di rapporti che nella ex Stalingrado d’Italia legava tra loro politici della sinistra allora al potere e imprenditori dai pochi scrupoli.
Un ginepraio che non era completamente sparito nelle 191 pagine motivazioni della sentenza di primo grado che, se da un lato aveva assolto gli imputati, dall’altro parlava di «indizi di vischiosità (se non di illiceità) di rapporti e inopportunità di relazioni» che avrebbero dovuto sollevare dubbi etici ma che non avevano alcuna rilevanza penale. I giudici bacchettavano il lavoro dei pubblici ministeri definendolo «lacunoso e superficiale», «palesemente» errato e basato su «consulenti non particolarmente esperti» che erano stati in grado solo di lanciare «suggestioni». Se era stata provata, ma in altri procedimenti, «l’esistenza di un Sistema Sesto inteso come “luogo di incontro” tra imprenditori spregiudicati, il finanziamento della politica (specie degli eredi del Pci) e gli appetiti di amministratori pubblici», non c’era prova che ci fossero state tangenti pagate a Penati. Anzi, l’ex sindaco aveva «documentalmente giustificato le operazioni “sospette” smontando il teorema accusatorio». Bisognerà attendere 90 giorni per capire dalle motivazioni se il collegio presieduto da Laura Cairati ha seguito un percorso simile.
Va comunque ricordato che nel frattempo sono andati in prescrizione due capi di imputazione per corruzione e, per il solo Penati, l’accusa di finanziamento illecito in una storia legata ai fondi incassati da Fare Metropoli, la fondazione dal lui creata, per la quale però sono stati assolti i suoi coimputati. Anche le concussioni per le presunte tangenti per le aree edilizie della ex Falk e della ex Marelli sono andate in prescrizione, ma questo già nel 2013.
Per Filippo Penati la Procura generale aveva chiesto tre anni di reclusione. Lui evita la polemica. Una carriera politica che sembrava destinata ad una rapida ascesa irrimediabilmente compromessa da questa vicenda, a chi gli chiede se abbia intenzione di rientrare in politica, risponde senza sbilanciarsi troppo: «Sono andato in pensione il primo settembre, sono diventato nonno. Mi riprendo la vita, ma nella vita non si sa mai cosa succede».