GENOVA, DOVE LA DESTRA PIACE A SINISTRA
In questi giorni Genova è un mondo alla rovescia. La scorsa notte, dopo una lunga seduta in Comune, i dipendenti e i sindacalisti di Amt, l’azienda dei trasporti cittadina, gente con il rosso nel cuore abituata a vertenze durissime, hanno applaudito a scena aperta Marco Bucci, l’ex manager scelto dalla Lega Nord che a giugno ha vinto le elezioni sulla spinta di una coalizione più destra che centro, la ricetta del nume tutelare Giovanni Toti. Il sindaco ha affermato che l’azienda deve restare pubblica, per farlo servono 50 milioni, trovarli è compito suo. E ha spiegato di aver deciso così perché il pubblico ha come missione principale il servizio alla collettività, mentre il primo obiettivo del privato è sempre il profitto, la qualità del servizio viene dopo. Elementare, Watson. Ma era tanto che non lo diceva nessuno. Lo ha fatto un amministratore «di destra», nella città più ideologica d’Italia, Genova ribelle e antagonista. Al suo discorso è seguita l’approvazione di una delibera di programma. Hanno votato tutti a favore. Tranne il gruppo del Pd. La prima crisi della precedente giunta di sinistra avvenne nel 2013 proprio sulla tentata privatizzazione di Amt, fallita dopo le proteste ad oltranza dei lavoratori. L’ultima è stata sulla vendita dell’azienda dei rifiuti Amiu, voluta soprattutto dal Pd, che ha definitivamente fatto collassare la coalizione guidata da Marco Doria. Cinque giorni dopo l’insediamento, il nuovo sindaco ha recuperato i 12 milioni necessari per non mettere all’asta Amiu. Forse è solo una questione locale. Ma nel suo piccolo l’abbraccio dei vecchi sindacalisti Cgil a Bucci racconta anche la tragedia di una sinistra che nel dirsi riformista ha invece applicato ai suoi elettori modelli neoliberisti decisi da altri. Senza accorgersi che la destra, intanto, si faceva statalista, e quindi populista. Nel senso che talvolta antepone gli interessi del popolo, in questo caso i genovesi, ad altri interessi o convenienze.