«Banche, sistema più stabile ma ci saranno altre fusioni»
Gros-Pietro: la crescita è strutturale, va consolidata con attenzione «Preoccupato per le cripto-valute, favoriscono attività illecite»
DALLA NOSTRA INVIATA A BELGRADO
Professor Gros-Pietro questa sua missione in Croazia e Serbia prelude a un nuovo rafforzamento a Est di Intesa Sanpaolo di cui è presidente?
«In quest’area uscita da una recessione severa, dove la crescita viaggia oggi tra il 2,8 e il 3% e la ricostruzione è in pieno corso, la nostra banca è uno dei primi operatori. In Serbia, in particolare, siamo leader. Le nostre filiali qui a Belgrado rispondono a questa domanda di modernizzazione del Paese e assomigliano già alle agenzie di nuova concezione, più vicine a famiglie e imprese, inaugurate nelle grandi città italiane»
Nel corso della sua visita è stato ricevuto dai premier e dai ministri economici dei due Paesi. Quale impressione ne ha riportato?
«Di grande impegno. La Croazia è già entrata nell’ Unione, la Serbia è un sicuro candidato. Quest’ultimo Paese può contare su un “female power” rilevante che ha espresso, tra le altre, la presidente del consiglio dei ministri,
l’economista Ana Brnabic, una vice premier e ministra delle Infrastrutture Zorana Maihajlovic e, non ultima, la governatrice della Banca centrale, Jorgovanka Tabakovi. Ce la faranno».
In Italia quello che lei chiama «female power» è una spinta sulla quale non possiamo contare...
«Mancano le donne ai vertici operativi, nella sfera pubblica e in quella privata. A cominciare dalle banche. Nel settore finanziario le amministratrici delegate sono una rarità, non solo nel nostro Paese. Nelle famiglie italiane, poi, le cose non vanno meglio: le ultime rilevazioni ci dicono che le scelte economiche importanti in casa sono per lo più in capo ancora all’uomo. Molte donne non hanno ancora un conto corrente personale».
A questi segnali di ripresa del nostro Paese possiamo davvero credere? Da economista se la sentirebbe di escludere analogie con quanto successe nel 2011?
«Lei si riferisce alle aspettative andate deluse per una ripresa che, allora, era solo congiunturale e dunque si esaurì rapidamente. Oggi è diverso: la componente cosiddetta strutturale è presente. Ma la crescita è ancora incerta, fragile, anche in Europa. E va consolidata
Come?
«La ripresa non ha bisogno di nuovi forti spinte ma di un dosaggio attento. Di un percorso dolce che permetta di evitare variazioni brusche. La stessa Banca centrale europea è orientata proprio ad accompagnare questa gradualità con la progressiva riduzione degli stimoli».
L’Italia cresce più delle aspettative ma meno della media europea. Perché?
«In primo luogo, la ristrutturazione del sistema produttivo dovuta alle due recessioni, quella globale del 2008-09 e quella legata alla crisi del debito, è stata lunga e profonda. Inoltre, scontiamo dinamiche demografiche penalizzanti, minore efficienza del settore pubblico e un debito pubblico molto elevato, che comporta una maggiore pressione fiscale. Questo può limitare l’attrattività per le imprese rispetto ad altri paesi dell’eurozona. In parte, il divario potrebbe attenuarsi con uno sforzo di efficientamento del settore pubblico, ma il carico del debito rappresenta comunque un problema».
Il sistema bancario italiano pare tornato in sicurezza. È anche pronto a una nuova stagione di aggregazioni?
«Il consolidamento è quasi inevitabile, in Italia e in Europa dove le banche sono troppe ed è necessaria un’economia di scala».
Quindi anche Intesa potrebbe pensare a una maxi aggregazione?
«No nel nostro caso il problema non si pone, specialmente in Italia dove avremmo criticità sotto il profilo Antitrust».
Il salvataggio delle banche venete può essere considerato un punto di svolta per il sistema?
«Intesa Sanpaolo ha responsabilmente deciso di intervenire in un’operazione che ha consentito di porre in sicurezza oltre 50 miliardi di risparmi affidati alle due banche, tutelando così 2 milioni di clienti, di cui 200 mila aziende. È previsto anche un nostro contributo, pari a 60 milioni, per il ristoro delle famiglie titolari di obbligazioni junior. Credo che questa operazione abbia concorso a ridurre il rischio sistemico in maniera significativa ed evitato all’intero sistema bancario di sostenere costi estremamente rilevanti, necessari alla garanzia dei depositi dei clienti delle due banche, stimati in oltre 12 miliardi. Lo Stato non ha dovuto sopportare oneri per circa 10 miliardi per fare fronte alle garanzie pubbliche su obbligazioni emesse dai due gruppi bancari veneti. Con la loro acquisizione abbiamo stabilizzato il sistema bancario italiano e migliorato la percezione degli investitori, salvaguardando il bene più prezioso: la fiducia».
C’è stata un’accelerazione sui tempi previsti per l’integrazione.
«Le due banche venete, Bpvi e Veneto Banca, devono essere portate al più presto allo stesso livello di qualità della gestione che ha il resto del gruppo. Dico qualità perché sono già banche buone dal punto di vista dell’organizzazione. La Bce ci chiede, e noi desideriamo, che tutte le banche che fanno parte del gruppo Intesa, anche quelle estere,
abbiano lo stesso livello di trasparenza informatica, la stessa qualità dei crediti e della gestione: questo è un lavoro da fare che non sarà né semplice né breve».
La tecno-finanza è in grande espansione. Il fenomeno la preoccupa?
«Se parliamo di shadow banking e cripto valute si, sono molto preoccupato»
Per quali motivi?
«Le transazioni non vengono tracciate e questo crea dei rischi per le singole persone e i loro risparmi e dei rischi sistemici. I flussi alimentati con queste modalità possono favorire le attività illecite, l’evasione, i canali di finanziamento del terrorismo»
Cosa bisogna fare?
«Estendere controlli e monitoraggi. Pare che le criptomonete siano ormai più di mille. Le banche centrali le studiano, nessuna le adotta»
Anche il fintech conosce un momento di grande crescita
«Per il fintech il discorso è diverso, è una cosa seria. Il tema è sempre lo stesso: non uscire dai circuiti vigilati dove il risparmio non è tutelato».
paolapica