Strappo di Mdp Arriva il primo no manovra a rischio
Sì tecnico ai saldi di bilancio. Bubbico lascia
Sinistra divisa sulla manovra. Mdp ha deciso di non votare la relazione sul Def e di votare, invece, la mozione sullo scostamento di bilancio. Il viceministro Filippo Bubbico lascia. Il ministro Padoan spiega: «Avviato un percorso comune, serve equilibrio. In quattro anni creato un milione di posti di lavoro». «Non mi sento più politicamente dentro la maggioranza», commenta il coordinatore nazionale di Mdp, Roberto Speranza. Ma i senatori vicini a Giuliano Pisapia, «in disaccordo con le scelte di Articolo 1Mdp», sono orientati a votare a favore della manovra. Gentiloni, che cerca di far ottenere alla manovra un ampio consenso non chiude la porta. Ma il premier vorrebbe interlocutori «affidabili». Per il 2018 la manovra prevista sarà di quasi 20 miliardi.
Quando Mpd annuncia che voterà «no» alla integrazione alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NaDef) per il 2018, illustrata in Parlamento dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, in coerenza con la strategia del suo partito, annuncia le dimissioni. La posizione del Movimento la precisa il coordinatore di Mpd, Roberto Speranza, che aggiunge, però, il parere favorevole di Mpd alla richiesta del Governo relativa allo scostamento del piano di rientro dal deficit programmato. Sul caso interviene pure Giuliano Pisapia, leader di Campo progressista: «È stato fondamentale che Mpd abbia deciso di votare per evitare danni gravi e irreversibili a tutto il Paese: confido ora che arrivino risposte in quella che sarà la discussione e il confronto sulla legge di Bilancio dopo che il ministro Padoan ha dichiarato che è stato avviato un percorso per inserire nella manovra investimenti per contrastare la povertà, sostenere e tutelare il lavoro». Parole confermate dallo stesso Padoan: «Abbiamo avviato un percorso con le forze di governo, Pd, Mdp, Ap e gli altri gruppi, volto a definire le ipotesi di intervento per investimenti, lavoro, lotta alla povertà e salute», mantenendo il «giusto equilibrio tra politiche di bilancio e per il futuro».
Nel frattempo per il 2018 la manovra sarà da quasi 20 miliardi (19,58 per la precisione), pari a circa l’1,1% del Pil: verrà coperta per 10,9 miliardi in deficit e per 8,62 da nuove entrate, tra cui potrebbe figurare anche la web tax, e tagli di spesa. Niente aumento dell’Iva e delle accise per 15,7 miliardi. La Nota del Def, consegnata da Padoan in Parlamento, sarà votata oggi. E sulla scia dei dati dell’Istat di lunedì, il ministro dell’Economia rivendica il risultato di «un milione di posti di lavoro» in quattro anni alla luce «del significativo miglioramento del mercato del lavoro». E sempre l’Istat rivede al rialzo il Pil dell’Italia nel primo trimestre: il dato congiunturale passa da +0,4 a +0,5%, mentre il secondo trimestre è corretto al ribasso, da +0,4% a +0,3%. A conti fatti il Pil tendenziale per quest’anno viene confermato al +1,5%.
Intanto, però, Bankitalia e Corte dei Conti, durante un’audizione in Parlamento sempre sulla NaDef, lanciano un doppio allarme sulle pensioni: il sistema così com’è funziona, ma non va toccato. Tornare indietro rispetto alla riforma Fornero, sostengono, significherebbe mettere a rischio i conti pubblici, soprattutto in vista dell’evoluzione demografica che vedrà progressivamente aumentare gli anziani e diminuire i giovani.
Tornando alla legge di Bilancio, 8,6 miliardi sono le coperture, i tagli alla spesa delle amministrazioni centrali ne valgono altri 3,5 e 5,1 sono le entrate aggiuntive provenienti da misure per la lotta all’evasione di alcune imposte, in particolare le indirette. Inoltre 338 milioni verranno investiti per la competitività e innovazione e altri 300 per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani. Nel pacchetto «competitività e innovazione» vanno inclusi gli incentivi di «Impresa 4.0» per le aziende, da super e iperammortamento al nuovo credito d’imposta per la formazione, che hanno effetti sui conti a partire dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore delle misure. Per la coesione sociale e il finanziamento del nuovo reddito di inclusione, che ne rappresenta il principale strumento, l’esecutivo mette sul piatto 600 milioni in più il prossimo anno, 900 milioni nel 2019 e 1,2 miliardi nel 2020. Inoltre per finanziare le misure già in vigore (come le missioni militari all’estero) ci saranno 2,6 miliardi. Questa voce include anche le risorse necessarie a garantire il rinnovo del contratto degli statali, con gli aumenti medi di 85 euro al mese.