Piqué, l’eroe di Barcellona dalle lacrime agli insulti Ora anche il calcio divide
Dalle lacrime agli insulti, fino a una calma tesa che non promette nulla di buono. Ai margini dello scontro politico fra Catalogna e Madrid, si consuma il dramma di Gerard Piqué, inquieto capitano del Barcellona, cui la maglia della nazionale spagnola sembra stringere sempre di più. E diventa incerto pure il destino del suo Barça, in prima linea durante lo sciopero di ieri, che rischia di trovarsi con uno stadio immenso ma senza campionato, diritti Tv e avversari.
Con i suoi 16,3 milioni di follower, Piqué è diventato a colpi di tweet contro il premier Rajoy una delle bandiere dell’indipendentismo catalano. La risposta è arrivata lunedì pomeriggio a bordo campo. Il giocatore «blaugrana» è stato ripetutamente fischiato e deriso dai tifosi che seguivano l’allenamento delle «Furie rosse» a Madrid in vista della partita che la Spagna giocherà venerdì contro l’Albania per la qualificazione al mondiale (stesso girone dell’Italia). «Piqué, cabrón, fuera de la selección», gli urlavano gli ultrà dalle gradinate mentre la Guardia civil — sì, lo stesso corpo militare che domenica ha represso il referendum catalano — faceva sparire i cartelloni più aggressivi.
A sorpresa ieri sulla vicenda è intervenuta anche la star del tennis spagnolo, Rafael Nadal: «Non mi piace che si fischi alla gente. Il fanatismo in generale, nel calcio, nel tennis, in qualsiasi sport, è sbagliato», ha detto da Pechino.
Ieri, allenamento a porte chiuse per le Furie rosse. In un clima da quiete dopo la tempesta, secondo le cronache dal ritiro di Las Rozas. La consegna dell’allenatore Julen Lopetegui è: silenzio. Un monito che vale per tutti e soprattutto per Piqué, che domenica scorsa, finita la partita che non avrebbe mai voluto giocare contro Las Palmas, aveva lanciato in pasto ai giornalisti una frase-bomba: «Se qualcuno in Federazione o fra i dirigenti non mi vuole in nazionale, sono pronto a fare un passo indietro». Frase non gradita in spogliatoio, in particolare al «nazionalista» Sergio Ramos.
A Barcellona, ieri, tutte le tre squadre catalane della Prima divisione – Barça, Girona e Espanyol – si sono unite allo sciopero generale. La partita separatista rischia di incassare una cocente sconfitta sui campi di calcio. Il futuro campionato catalano è infatti tutto qui, e sarebbe una Liga debuttante, costretta a partire da zero in Champions e Europa League. La Federcalcio spagnola, figlia dell’establishment madrileno, ha già avvertito che se la Generalitat dichiarerà l’indipendenza, le porte si chiuderebbero anche per tutti loro. Sarebbe la fine del «Clasico», la supersfida fra Barça e Real Madrid, e dei diritti Tv.
I dirigenti ostentano sicurezza, «non saremmo la prima squadra a giocare nel campionato di un altro Paese». Già nel 2015 l’allora premier francese Valls aveva prospettato l’ingresso del Barça nella Ligue 1, «come il Monaco». E ieri circolava l’ipotesi che il team di Piqué (forse senza Messi) possa bussare alle porte della Premier League.
Una squadra nazionale catalana, intanto, già esiste: non è affiliata a Uefa o Fifa, ma Piqué, Guardiola, Carles Puyol, Cesc Fàbregas hanno disputato diverse amichevoli. In fondo anche il Kosovo oggi ha la sua nazionale.
Squadre in sciopero Ieri le 3 squadre catalane Barça, Girona e Espanyol si sono unite allo sciopero generale