Le urne clandestine e lo spoglio nelle chiese
Forse un giorno i manuali di storia catalana la ricorderanno come l’«Operazione panino imbottito». Anzi, siccome saranno libri in puro catalano: «entrepans». Era il nome in codice che i nuovi carbonari dell’indipendenza di Barcellona usavano per riferirsi alle urne senza che gli 007 spagnoli, sempre in ascolto, potessero capirli. Sembra una barzelletta e invece non solo è verissima, ma l’Operazione sandwich è stata un successo. Mentre Madrid assicurava che «non ci sarebbero state urne o schede», l’apparato per votare se ne stava nascosto nei luoghi più impensabili: nelle chiese, sotto le gonne delle statue barocche della Vergine, nei pagliai, nelle cantine di migliaia di volontari. «Mi sembrava di recitare in un film — racconta al Corriere un agente che deve nascondere la sua identità —. Dovevo lasciare il cellulare lontano, ricevere i panini di notte, non confidarlo nemmeno a mia moglie». In genere i guardiani erano anziani, senza web e senza cellulare. Le scatole di plastica che sarebbero servite da urne sono arrivate dalla Cina in giugno. Ma consegnate a Elna, villaggio sui Pirenei versante francese. Da lì in auto, la distribuzione ai guardiani. Non è finita. Per paura di vedere lo spoglio interrotto dalla Guardia Civil, le urne sono state spesso portate via dai seggi. Imperdibile la scena della conta a Vila-Rodona sopra Tarragona: le schede sono sui gradini dell’altare, gli scrutinatori dividono la moltitudine di sì dai pochi no e la navata è piena di fedeli che cantano guidati dal parroco inni sacri. In nessun film avrebbero avuto tanta fantasia.