L’attentatore di Marsiglia era ad Aprilia sette mesi fa
L’Antiterrorismo indaga sui contatti e sul ruolo del fratello Ha utilizzato molte false identità. La caccia ai reclutatori
Nel febbraio scorso Ahmed Hanaci, l’attentatore che domenica ha ucciso a coltellate due ragazze alla stazione di Marsiglia, è tornato in Italia. Ufficialmente doveva svolgere alcune pratiche per ottenere il rinnovo del permesso rilasciato dalle autorità del nostro Paese dopo il matrimonio con una donna di Aprilia. Ma gli specialisti dell’Antiterrorismo stanno effettuando controlli sulle movimentazioni delle carte di credito e sui suoi spostamenti per ricostruire contatti che aveva nel Lazio o eventualmente in altre zone della penisola. Il sospetto è che il trentenne tunisino potesse aver coltivato legami con stranieri legati al fondamentalismo che continuano a risiedere qui. E dunque avesse sfruttato proprio quel viaggio per rinsaldare i rapporti. Una pista da approfondire, anche perché alcuni testimoni giurano di averlo visto addirittura più recentemente.
Il fratello radicalizzato
Al momento si esclude qualsiasi tipo di relazione con Anis Amri, il terrorista tunisino autore della strage di Berlino del 19 dicembre 2016 che proprio in una frazione di Aprilia, Campoverde, aveva vissuto alcuni mesi nel 2015. Però non si sottovaluta il fatto che in quest’area negli ultimi mesi sono stati rintracciati ed espulsi quattro stranieri che si erano radicalizzati e due di loro sono risultati in contatto con Amri. Per questo l’indagine mira a individuare eventuali predicatori o reclutatori tra Latina e la provincia. E si concentra sul ruolo che in questa storia potrebbe aver avuto, Anouar Hanaci, il fratello di Ahmed che al momento non risulta essere stato trovato.
Le autorità tunisine, che ieri hanno effettuato perquisizioni a Zirzouna e a Bizerte — dove attualmente la moglie di Ahmed vive con un nuovo compagno — non escludono che possa essere arrivato, o quantomeno, transitato in Italia proprio insieme al fratello. Si incrociano dunque le date, si scava nel passato e soprattutto nel presente di alcuni personaggi che avrebbero ospitato i tunisini poi entrati in azione in Germania e in Francia. Uomini con precedenti penali per reati comuni che hanno evidentemente deciso di rispondere all’appello dell’Isis «con ogni mezzo a disposizione». Un furgone a Berlino, un coltello a Marsiglia.
I 7 «alias»
Proprio per ricostruire ogni passaggio si torna dunque al 2006 quando Ahmed Hanaci arriva in Italia proveniente dalla Francia, dove risiedono alcuni familiari. Conosce una ragazza del posto, Ramona, e due anni dopo si sposano. Adesso ad Aprilia raccontano che i genitori della donna non fossero affatto contenti di questa unione. Anche perche Hanaci era stato inquisito per spaccio di stupefacenti e furto e anche lei aveva avuto problemi con la giustizia legati proprio agli stupefacenti. Una relazione travagliata, dunque, chiusa nel 2014 quando i due si sono lasciati e il tunisino è rientrato in Francia. Una partenza evidentemente non definitiva visto che un anno dopo è tornato.
Nel corso degli anni trascorsi nel nostro Paese aveva utilizzato diverse identità, sette «alias» che hanno reso complicato ricostruire la sua storia personale anche nelle ultime ore dopo l’attacco di Marsiglia, quando le autorità francesi hanno comunicato i dati a tutti i Paesi dell’Unione europea e in particolare proprio all’Italia visto che il suo documento risultava rilasciato qui. Un permesso ottenuto grazie al matrimonio con Ramona, che il tunisino aveva evidentemente deciso di continuare a rinnovare proprio per avere, come sottolineano gli investigatori dell’Antiterrorismo, «un’identità comprovata da un atto autentico e quindi più facile per sfuggire ad eventuali controlli casuali».
L’attacco del ministro
I contatti tra Francia, Italia e Tunisia in queste ore sono continui, proprio per verificare se altri eventuali complici siano rimasti in libertà e possano entrare in azione come Ahmed che all’improvviso, mentre era alla stazione, ha accoltellato e ucciso due cugine ventenni, Laura P. e Mauranne H.
Ieri il ministro dell’Interno francese Gerard Collomb si è detto «perplesso che un individuo così avesse sette identità di cui abbiamo perso le tracce durante un certo periodo, visto che era partito dalla Francia e viveva in Italia con dei documenti italiani e pare fosse venuto col passaporto valido da Cartagine», attaccando poi «un certo numero di Paesi che non hanno i sistemi e il livello di sorveglianza che conosciamo in Francia». Una critica che nei mesi scorsi era stata rivolta proprio a Parigi per la mancanza di collaborazione con il Belgio e altri Stati.
Perquisizioni Le forze dell’ordine tunisine ieri hanno effettuato perquisizioni dove ora vive la moglie Parigi Il ministro dell’Interno francese Collomb: non tutti i Paesi hanno sorveglianza adeguata