La nuova Italia della comunicazione
carta) all’anno, uno su dieci si è concentrato sull’e-book.
Tutti questi sono gli elementi dell’era «biomediatica», come la chiama il Censis, che ha trasformato l’immaginario collettivo. «Quest’ultimo definisce l’agenda sociale condivisa di un Paese», spiega Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. «Dopo la crisi delle grandi ideologie e delle forti narrazioni come l’Ue e la globalizzazione, questa è una nazione in transizione, frammentata, senza un’agenda sociale condivisa da una maggioranza, polverizzata da smartphone, social network e web, utilizzati sempre più per esprimere i propri interessi».
«In dieci anni siamo passati da una dimensione verticale della comunicazione a una orizzontale, dove ognuno — dotato di telefonino e connessione Internet — pensa di poter produrre informazione», sottolinea Valerii. Ma restano delle certezze. Nelle tabelle del rapporto emerge l’importanza attribuita all’informazione. Perché, alla domanda su chi sia la figura che esercita più di tutte un’influenza sui fattori ritenuti centrali nell’immaginario collettivo, dopo genitori (31,9%) e persone frequentate abitualmente (13,2%) compare il giornalista competente (12,8%).
La crisi economica del 2008 è stato il vero spartiacque, secondo Valerii. «Da quel momento il Paese ha perso l’innocenza, ha visto rompersi quel patto sociale che si basava sull’assunto per cui i giovani sarebbero stati meglio dei loro genitori. È successo l’opposto: i ragazzi oggi stanno peggio dei loro parenti e allora ecco la rottura con la realtà esistente». «Mi preoccupa, per esempio, lo scarso valore che viene dato al titolo di studio da parte dei giovani — aggiunge il direttore generale del Censis —: prima era il biglietto per accedere ai meccanismi di ascesa sociale, oggi non è così. Siamo nella fase del liberi tutti».