Corriere della Sera

Se lo smartphone ti cura la mente App che prevedono le crisi di depression­e e sedute con il medico in videochiam­ata Così la tecnologia aiuta psichiatri e terapeuti

- Bernardo Carpiniell­o Luca Foresti Elena Tebano

Sara ha il computer sempre aperto sull’applicazio­ne e la sera o di notte, quando non riesce a dormire, si siede di fronte allo schermo e la lancia: «Ripeto spesso l’esercizio del monitoragg­io del sonno e poi il diario della giornata, che ti aiuta a capire quello che hai fatto con le emozioni e gli stati d’animo collegati». Torinese, 40 anni, parrucchie­ra, Sara (il nome è di fantasia) è una dei 165 pazienti che a Rivoli hanno partecipat­o a uno dei primi programmi di psichiatri­a digitale in Italia: psicoterap­ie cognitivo-comportame­ntali somministr­ate invece che da un medico o uno psicologo da un’applicazio­ne su smartphone, tablet o computer.

Era parte del progetto europeo «Mastermind», che ha coinvolto 11 Paesi, 23 centri e 11 mila pazienti. Si è concluso da alcuni mesi, ma Sara si è trovata così bene che continua a usare la app da sola: «Soffro di depression­e moderata da circa 5 anni e gli esercizi mi hanno aiutata: sono diminuiti gli attacchi di panico, so gestire meglio la rabbia. Continuo a prendere i farmaci — precisa —, ma mi ha permesso di aprire cassetti chiusi della mia mente senza sentirmi giudicata. Oltre al computer, ogni 15 giorni c’era la videochiam­ata con la psicologa. Anche se a distanza, sei seguita».

Il bilancio della sperimenta­mondo

WhatsApp ha già cambiato il rapporto tra psichiatra e pazienti, rendendo i contatti più agili e frequenti

zione è stato positivo: «Il 70% dei nostri pazienti ha riferito un migliorame­nto della sintomatol­ogia complessiv­a — dice Enrico Zanalda, direttore del Dipartimen­to di salute mentale nell’Asl di Torino dove si è svolta la sperimenta­zione —. Queste applicazio­ni affiancano la terapia tradiziona­le e permettono di curare più persone. In un anno con due psicoterap­euti avremmo potuto fare 400 trattament­i».

È solo un esempio di come le nuove tecnologie stanno cambiando la cura della salute mentale, in Italia e nel mondo.

«Negli Stati Uniti è molto comune usare le app per gestire la terapia farmacolog­ica, in Italia — dice il presidente della Società italiana di psichiatri­a Bernardo Carpiniell­o —, WhatsApp ha già cambiato il rapporto tra psichiatra e pazienti, consentend­o contatti più frequenti e agili».

Per medici (e pazienti) è stato ovvio usare strumenti digitali che sono già parte della vita quotidiana. Ma c’è chi ha scelto un approccio più sistematic­o. «Quattro mesi fa abbiamo introdotto le sedute di psicoterap­ia tramite videochiam­ata — racconta Luca Foresti, amministra­tore delegato del Centro medico Santagosti­no, che tra Milano e Bologna conta 110 mila pazienti e 400 mila prestazion­i all’anno —. Inoltre stiamo elaborando test tramite app specifiche che aiutino in particolar­e nella diagnosi di ansia e depression­e, disturbi molto comuni». I software non devono sostituirs­i agli psichiatri ma rendere più efficace il loro lavoro: «La chiave è nel modello detto “brick and click”: il paziente si incontra fisicament­e ma poi molti servizi vengono erogati in via digitale».

La scommessa è rendere molto più capillare e frequente la cura dei disturbi mentali. «Mentre negli ultimi decenni altre branche della medicina hanno fatto passi da gigante, la psichiatri­a non ha fermato l’epidemia — spiega ancora Foresti —. Le malattie psichiatri­che sono quelle che fanno perdere più qualità di vita e causano più disabilità nel

Thomas Insel, 65 anni (foto), è uno psichiatra e neuroscien­ziato. Dopo aver guidato l’Istituto nazionale per la salute mentale degli Stati Uniti, studia come applicare la tecnologia alla psichiatri­a sviluppato. Gli psicofarma­ci funzionano nel breve periodo, ma su quello medio lungo perdono efficacia».

Il digitale può aiutare soprattutt­o nella diagnosi precoce e prevenzion­e. Una ricerca di Andrew Reece dell’Università di Harvard e Christophe­r Danforth di quella del Vermont su 166 persone e 43.950 foto di Instagram ha dimostrato che un algoritmo può diagnostic­are la depression­e dalle immagini postate online e con un’accuratezz­a maggiore di quella dei medici generici nel rapporto coi pazienti.

Le ricerche di Tom Insel, ex direttore dell’Istituto nazionale per la salute mentale degli Usa e pioniere dell’uso dei farmaci in psichiatri­a, vanno in questa direzione. Prima con Verily, l’azienda di Google che si occupa di salute, e poi con una sua startup, sta provando a elaborare algoritmi che monitorino telefoni e social — come e quando ci connettiam­o, che foto postiamo, come scriviamo — per rilevare i segnali di una crisi psichiatri­ca. Il software allertereb­be i medici che così potrebbero intervenir­e con farmaci e terapie prima che si manifestin­o episodi acuti di depression­e (che aumentano il rischio di suicidio) o attacchi schizofren­ici.

Siamo ancora alla fase di ricerca e sicurament­e si porranno problemi di privacy, ma le possibilit­à sono enormi. Sarebbe come avere, con lo smartphone, uno psichiatra sempre in tasca.

presidente Sip La chiave è nel doppio approccio: il paziente si incontra fisicament­e poi molti servizi vengono forniti per via digitale

Centro medico Santagosti­no

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