Il mondo bucolico di Chanel e McQueen Vuitton sfila al Louvre
Miu Miu: inno alla spontaneità. La leggerezza di Moncler
Parigi bucolica. Fra fiori, giardini e cascate. Il set di Chanel sotto le volte del Grand Palais è un angolo di paradiso dell’alta Provenza. Nove salti d’acqua di 15 metri, arbusti e alberi e piante, un ruscello che corre per metà della passerella, un ovale infinito con 2500 spettatori seduti. Ci sono voluti nove giorni per allestirlo e due mesi di preparativi. Con Karl Lagerfeld tutto è possibile. L’ispirazione, ça va sans dire, è l’acqua in ogni sua forma (pioggia, riflessi, increspature, onde, rivoli) e colori. Tutto brilla e luccica. Mini abiti di tweed leggeri, gonne corte, abiti scivolati. In puro stile Chanel, senza troppe divagazioni. Capi spalla e accessori saranno il must have dell’estate prossima. Tutti in PVC trasparente o plastica o plexiglas dal parka al trench, dal giubbotto ai copri spalla. E poi i cappelli di Madame Coco e i guanti e le borse e gli stivali alti alle cosce o a tronchetto.
Creature sotto la pioggia ma in un meraviglioso giardino inglese le ragazze che Sarah Burton ha voluto vestire per il suo show Alexander McQueen. Abiti couture ma realizzati in materiali «poveri» come il nylon, la crinolina, le passamanerie e che di solito stanno sotto gli abiti. Un lavoro forte sulla lingerie per alleggerire il più possibile i pesi e creare abiti e corsetti e gonne che sono tutti una balza, una ruche, un patchwork, un ricamo di fiori da giardino, per feste di immaginarie ninfe e cortigiane. Una poesia sapientemente spezzata da anfibi da motociclista con il tacco in plexiglass che racchiude ora fiori di seta ora perle e cristalli.
È una favola in tulle degna dei più incredibili fantasy anche la prima sfilata parigina dell’americano Thom Browne. Con apoteosi finale di un gigantesco unicorno di velo bianco che irrompe nella sala con il canto di Ariel, la sirenetta disneyana, e il pubblico estasiato. Abiti bozzolo, ma anche blazer o cappotti maschili, pantaloni retti da reggicalze, pullover, bustier tutto è realizzato in tulle, trattato come tessuto o tricot.
Porta tutti al XVIII secolo, nelle segrete del Louvre, Louis Vuitton. Nicolas Ghesquière si immerge nei broccati di corte, ma alla sua maniera. Confeziona meravigliose marsine e poi le presenta sopra a short da boxeur di seta e sneaker dalla suola importante. È un dialogo fra passato e presente che lo stilista sa sostenere perfettamente. Se non sono short sono jeans couture. O maglie e abiti di jersey stretch che scolpiscono i corpi. La sera vesti svolazzanti che Ghesquière propone anche con i tacchi ma è l’immagine grintosa e svelta con le running a rendere la forza di questa collezione.
In dieci giorni, giura Miuccia Prada, lei crea la sua Miu Miu. Collezione istintiva mossa dalla riflessione che ogni abito si plasma su chi lo indossa. La licenza la porta a osare sovrapposizioni libere e a suggerire nuove funzioni d’uso anche per ritrovare un po’ di quello spirito naïf nel vestire che sembra essersi perso dietro ai dettami del brand e del lusso («parole che sono stanca di ascoltare») a discapito della spontaneità. Un tessuto su tutti per sfidare le regole, il pizzo con cui fa gonne e tuniche e t-shirt da indossare senza «offendere» anche di giorno, magari con i pantaloni affusolati e una polo colorata, le calze da uomo a tinte accese e sandali sportivi tutti un ricamo, per «usare il bello non come un privilegio ma in maniera normale». L’hip-hop sulle punte. Lo street style e la danza classica: Giambattista Valli interpreta Moncler Gamme Rouge raccontando da nuova tribù di ragazze, fra grazia e sensualità. Piccoli pezzi che si contaminano: gli scaldacuore, le felpe, i tutù, gli short, i bomber, le t-shirt over in pizzi tecnici ma nei colori da Lago dei Cigni (rosa, bianco e nero). Leggerezza contemporanea.