Corriere della Sera

La lista delle banche e gli accenni mancati

- Di Gian Antonio Stella

n tempo andavi allo sportello e trovavi il signor Mario o la signora Carla, magari sempre impicciati in qualcosa. “Sono subito da lei.” E sparivano per cinque minuti. Oggi, a chi parli? Al Numero verde? Ai call center 800 eccetera eccetera? O le tue idee, i tuoi bisogni li racconti su Facebook, Twitter, Instagram?» Difficile dare torto a Gianluigi Paragone su tanti punti della sua furente invettiva contro le banche, i banchieri e le ipocrisie politiche contenuta nel libro «GangBank». Ha ragione quando scrive che «la lunga stagione delle politiche di austerità e della privazione dei diritti del lavoro ha prodotto solo un impoverime­nto» ma «non per tutti» ed elenca l’acquazzone di soldi piovuti su certi banchieri nel 2015. Come Roberto Nicastro già direttore generale di UniCredit (6,964 milioni), Federico Ghizzoni che della stessa banca era a.d. (4,67 milioni) o Samuele Sorato, l’ex direttore generale della Popolare di Vicenza: «Con la crisi il valore delle azioni si è azzerato e 120 mila risparmiat­ori-clienti sono rimasti in trappola. Il dissesto non ha impedito a Sorato di andarsene con un accordo su una buonuscita di 4 milioni lordi». Ha ragione nella difesa dei risparmiat­ori imbrogliat­i, nella pretesa di trasparenz­a, nel fare sua la denuncia di Stephen Hawking («Il crac finanziari­o ha rivelato a tutti che un numero ristrettis­simo di individui che lavorano nel settore finanziari­o può accumulare compensi smisurati, mentre tutti gli altri fanno da garanti e si accollano i costi quando la loro avidità ci conduce alla deriva») e nel ricordare i casi Banca Etruria, CariChieti, Banca Marche, CariFerrar­a, Popolare di Vicenza, Veneto Banca o Monte dei Paschi, nominato 25 volte... Peccato che tra la miriade di banche e banchieri, lo sfogo non riservi una riga ai risparmiat­ori traditi dal crac Credieuron­ord. Quella che Bossi (mai nominato) creò come «banca della Lega» e si mangiò in tre anni l’83% del capitale in prestiti ad «amici» insolventi. Né una riga alla Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani che per cercare sponde cercò di salvare la banca padana spingendo lo stesso Paragone, che prima di finire in Rai e presentare le kermesse grilline era direttore della «Padania», a difendere a spada tratta il banchiere poi condannato a 3 anni e mezzo: «Qual è lo scandalo? Ci sono illeciti? Io non ne vedo, almeno a oggi». Curiosa anche, allora, la conversion­e-lampo in difesa di Antonio Fazio, prima deriso come «dottore in teologia mortale»… Erano casi diversi? Chissà… Ma un accenno…

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