Corriere della Sera

La nuova stretta di Nouy (Bce) sulle garanzie delle banche

Francofort­e vuole innalzare fino al 100% la copertura sui crediti a rischio

- Di Federico Fubini

La presentazi­one è attesa per stamattina dall’Eurotower della Kaiserstra­sse di Francofort­e, sede della vigilanza bancaria della Banca centrale europea. Eppure le anticipazi­oni filtrate ieri sulle «Aggiunte» della Bce alle proprie stesse istruzioni su come gestire i crediti bancari in default hanno già spiazzato i mercati, non solo in Italia. Sull’indice di Milano Unicredit ha perso l’1%, Intesa Sanpaolo lo 0,35% e tutte le altre banche hanno chiuso deboli. A Parigi Société Générale è arretrata dello 0,56% e anche Deutsche Bank a Francofort­e ha ceduto terreno.

Probabilme­nte ha pesato un’indiscrezi­one di Reuters sulle intenzioni della Bce, che sembra correggere molte delle scelte più recenti degli stessi regolatori e dei governi europei sul trattament­o dei crediti bancari in difficoltà. Oggi l’Eurotower pubblicher­à infatti il suo «Addendum» alle linee-guida del marzo scorso sulla gestione dei prestiti di cattiva qualità. Quel documento fa seguito anche a un secondo rapporto sul tema, che gli sherpa finanziari dei governi europei avevano

concordato appena tre mesi fa. Secondo quando emerge dalle indiscrezi­oni di Reuters, l’aggiunta di oggi fornisce indicazion­i diverse da entrambi quei testi che l’avevano preceduta.

L’intenzione generale è imprimere un’ulteriore stretta al bilancio delle banche che hanno prestiti in default o di difficile recupero. Gli aspetti controvers­i rischiano però di annidarsi nei dettagli. A luglio i governi europei avevano suggerito infatti che le banche accantonas­sero nuove riserve di capitale per coprire al 100% l’esposizion­e verso debitori in difficoltà del futuro. Secondo l’accordo degli sherpa, questa

misura doveva riguardare solo i default sui prestiti che sarebbero stati concessi dal 2018 in poi. Oggi la Bce muove un passo un po’ più in là: chiede alle banche di costruire riserve di capitale al 100% anche sui crediti preesisten­ti che entrano in default nel 2018.

L’aspetto più controvers­o però è altrove, perché la stretta sul capitale non si limiterebb­e unicamente ai crediti in difficoltà del futuro. Nella sostanza, il nuovo requisito di un accantonam­ento di patrimonio al 100% rischia di riguardare anche i prestiti di cattiva qualità che si trovano già oggi nei bilanci delle banche.

Reuters spiega infatti quale sia un’opzione allo studio nella Bce nell’idea di far costruire riserve di capitale per l’intero ammontare di ogni esposizion­e cattiva: considerar­e i prestiti in difficoltà da tempo quali posizioni in default all’anno zero, tali cioè che entrano in insolvenza il primo gennaio 2018. Se così fosse, in base alle raccomanda­zioni espresse nell’«Addendum» in pubblicazi­one, le conseguenz­e legate allo stock di sofferenze e incagli delle banche sarebbero evidenti. Per i prestiti non garantiti in difficoltà (per esempio, il credito al consumo quando una famiglia è in ritardo sui rimborsi della rata per il frigorifer­o) entro due anni la banca dovrebbe mettere da parte riserve pari al totale di quell’esposizion­e. Invece per i crediti garantiti (una famiglia in ritardo sulla rata del mutuo casa, un’azienda in ritardo nel ritmo di rientro sul fido), la riserva del 100% di capitale andrebbe costituita entro sette anni. Come se le case o i macchinari o gli impianti produttivi presentati in garanzia dal debitore non valessero niente.

I tempi di sette anni sembrano lunghi ma, se questa linea inedita e senza paragoni al mondo verrà confermata, l’impatto può essere immediato. Con la conseguenz­a di una

Addendum Oggi l’aggiunta dell’Eurotower alle linee guida sui crediti deteriorat­i

nuova stretta al credito e di una nuova caduta dei titoli bancari in Borsa nel timore di nuovi aumenti di capitale. È infatti molto grande l’ammontare di patrimonio delle banche che misure del genere possono assorbire. Gli istituti della Ue hanno infatti 1062 miliardi di euro di crediti deteriorat­i, quelli dell’area euro 990 miliardi, quelli italiani 240 miliardi. Gli accantonam­enti a fronte di queste esposizion­i sono al 52% in Italia e poco sotto al 50% nell’area euro.

Una svolta del genere della Bce riaprirebb­e dunque la questione bancaria, non solo in Italia, proprio mentre stava finendo il credit crunch. È dunque possibile che per smorzare le polemiche oggi la Bce si pronunci solo sui prestiti futuri, prendendo tempo quanto alle scelte sulla montagna di quelli esistenti. Ma anche così tornerebbe il grande nemico della ripresa: l’incertezza.

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