Tutte le Americhe di Nanda Pivano Incontri ed eventi, Milano la festeggia
aperto) sul Risorgimento, sulla singolarità di un’unificazione realizzata in feroce contrasto con la Chiesa nazionale, sul carattere estremamente minoritario delle élite in un Paese di analfabeti, sulla repressione del brigantaggio meridionale, e via dicendo. A loro volta, le vicende del Risorgimento e poi dell’età liberale portano Mieli al nodo del fascismo, agli interrogativi sulla sua origine, alle responsabilità individuali. E anche qui non ci vuole molto a scorgere la mano dell’autore. Il quale sceglie di soffermarsi non tanto sull’improvvido estremismo di piazza dei socialisti o sull’incapacità dei partiti democratici di stabilizzare il quadro politico all’indomani del 1919, ma sulla risposta che al fascismo danno i liberali. Di Benedetto Croce, in particolare, Mieli ricorda la benevolenza verso il movimento di Mussolini, l’appoggio al suo governo, il disco verde alla legge Acerbo, il voto di fiducia concesso nel luglio 1924, cioè dopo il delitto Matteotti. Una clamorosa incongruenza con la teoria e i valori liberali che viene spiegata ricordando quanto profondamente quelle élite avvertissero l’urgenza di ristabilire l’autorità dello Stato, allontanando lo spettro della guerra civile. Ma anche con quanta perplessità giudicassero, se non il parlamentarismo tout court, di certo le performance del Parlamento del dopoguerra.
Giudizi troppo severi? C’è in tutto il libro di Mieli una diffidenza più o meno esplicita nei confronti delle élite colte e delle loro scelte politiche. Di volta in volta, quei piccoli gruppi gli sembrano accecati dall’antigiolittismo, come gli uomini di Giustizia e Libertà. Incapaci di scorgere i primi passi di una dittatura, come Gaetano Salvemini o Luigi Einaudi. Nostalgici di mitologiche rivoluzioni tradite, come gli innumerevoli seguaci di destra e di sinistra di Alfredo Oriani. Teorizzatori di un’ambigua «democrazia sostanziale», come Giuseppe Dossetti. Altre volte, costituiscono temibilissime lobby della cultura, come i comunisti della «cellula Einaudi», per dirla con il sarcasmo di Palmiro Togliatti. Degli intellettuali del Pci, Mieli ricorda l’incrollabile disponibilità a seguire il partito anche nei meandri meno gloriosi: sull’invasione dell’Ungheria, la Primavera di Praga, il caso Sinjavskij-Daniel’, eccetera. Talvolta scavalcando lo stesso Pci. Come quando, in occasione della crisi di Cuba del 1962, si schierano dalla parte di Castro e contro Kennedy. «Nazismo atomico», così Carlo Levi definirà la reazione di Kennedy ai missili sovietici.
Esistono eccezioni a un simile quadro? Sì, naturalmente. Fa eccezione, per esempio, Ugo La Malfa, «antifascista per davvero», figlio politico di Giovanni Amendola e Silvio Trentin, ostile all’occupazione clientelare del mercato da parte dei partiti, tenacemente critico di fronte al crescere della spesa pubblica. E, per questo, accusato di essere un ragioniere. «Ragioniere con i fiocchi», commenta Mieli.
Ma anche un altro cameo spicca tra le pagine disincantate del caos italiano. Riguarda Marco Pannella, il leader di un partito piccolo che riuscì tuttavia a esercitare un’enorme influenza sull’opinione pubblica e sulle stesse dinamiche politico-parlamentari. Capace di prendere l’onda del Sessantotto, abilissimo nell’uso dei media, Pannella auspicò, in tempi non sospetti e in splendida solitudine, proprio quel modello conflittuale che tutti avevano sempre considerato come una iattura per il Paese e che invece avrebbe potuto cambiare faccia all’Italia delle mediazioni e del consociativismo. Fu un profeta disarmato? Non proprio. Dopotutto, se Romano Prodi è diventato un eroe (della sinistra) per aver sconfitto Berlusconi, Pannella sconfisse la Balena bianca. ● ● Sopra, dall’alto: Edgar Lee Masters (1868-1950) e David Foster Wallace (19622008)
● I 4 incontri Ricordando Nanda Pivano. Percorsi nella letteratura americana del Novecento inizia domani alle Gallerie d’Italia con l’incontro La grande narrativa americana da Hemingway a Foster Wallace (ore 18.30, prenotazione info@gallerieditalia.com). Gli ospiti sono Massimo Bacigalupo, Tommaso Pincio, Enrico Rotelli, con le letture di Simone Tangolo
Sono molte le lezioni e le eredità che Fernanda Pivano ha lasciato alla nostra cultura non solo letteraria, ma al di là dei molti contributi specifici dell’americanista (sulla Beat Generation, sull’underground e sulla cultura hippie, su singoli autori come Ernest Hemingway, Charles Bukowski o Gregory Corso per citarne soltanto alcuni), due lezioni sono fondamentali: la prima è la curiosità appassionata nei confronti delle altre culture; la seconda è la capacità di ascoltare le voci più nuove della letteratura e della poesia. E di diffonderle, anche, presso i giovani.
Ecco perché nel programma dell’iniziativa che prende il via domani, dedicata a Nanda Pivano e curata dalla Fondazione Corriere della Sera con il sostegno di Intesa SanPaolo, si trovano gli uni accanto agli altri i nomi di autori del primo Novecento come Edgar Lee Master (la sua Antologia di Spoon River è del 1914-15), del dopoguerra come Allen Ginsberg e Jack Kerouac, e di fine secolo (e inizi del nuovo millennio) come David Foster Wallace.
Perché il lavoro di scoperta e di diffusione di Pivano ha attraversato tutto il secolo, rivelando e facendo conoscere autori di generazioni anche lontane le une dalle altre, e costituisce materiale vivo: «Siamo onorati di avere in deposito presso di noi gli Archivi Pivano — spiega Piergaetano Marchetti, presidente della Fondazione Corriere della Sera, che cura il ciclo — e siamo grati sia a Michele Concina sia a Fondazione Benetton per questa fiducia. Gli Archivi non sono oggetti archeologici ma beni che generano attività, divulgazione e anche comprensione della realtà di oggi».
Così, la rassegna di quattro incontri Ricordando Nanda Pivano. Percorsi nella letteratura americana del Novecento inizia domani alle Gallerie d’Italia con La grande narrativa americana da Hemingway a Foster Wallace che, tra dibattito e reading, illustrerà proprio
Dalle riflessioni sul Risorgimento si passa al fascismo, agli interrogativi sulla sua origine, alle responsabilità di chi non comprese il pericolo
l’arco ampio di lavoro di Nanda Pivano, un secolo intero per arrivare fino a noi; interverranno un noto studioso di letteratura anglo-americana, Massimo Bacigalupo, lo scrittore e traduttore Tommaso Pincio e l’assistente di Fernanda Pivano nonché curatore dei suoi Diari e dei Medaglioni, Enrico Rotelli, con letture di Simone Tangolo (alle 18.30, ingresso con prenotazione, info@gallerieditalia.com).
Il ciclo continuerà giovedì 12 con l’incontro Ginsberg, Kerouac e la Beat Generation con Barbara Lanati e Giulio Casale insieme a Roberta Scorranese, e martedì 17 al Teatro Parenti con Spoon River tra poesia e canzone con Fabio Genovesi, Carmen Pellegrino, Antonio Troiano, la musica di Davide Van De Sfroos e il reading di Lucilla Giagnoni e Renato Sarti, per chiudersi il 26 ottobre su Bob Dylan, con Bruno Cartosio, Umberto Fiori, Alessandro Carrera e con la chitarra di Lorenzo Monguzzi.
La lezione di Pivano oggi sta anche nella sua cultura dell’apertura (coraggio che le costò l’arresto nel Ventennio per la traduzione di Addio alle armi). Ricorda Marchetti: «Nanda ha aperto porte e finestre sul mondo quando porte e finestre erano ben chiuse. Lezione da tener presente in tempi in cui si affacciano tentazioni di chiusura. E poi, come molti intellettuali, il suo maestro Pavese; Montale, Vittorini, anche la Pivano aveva iniziato con la traduzione: il che significa voler far conoscere altre culture».
Il ciclo dedicato a Nanda Pivano e ai suoi autori inaugura la stagione degli eventi curati da Fondazione Corriere della Sera in diverse sedi in città. «Era importante — prosegue Marchetti — portare gli incontri sulla letteratura statunitense alle Gallerie, che hanno appena ospitato la mostra sull’arte in America (si è chiusa da pochi giorni New York New York. Arte italiana: la riscoperta dell’America, ndr). È un bene che la Fondazione e il “Corriere” siano presenti in tutti i luoghi in cui si fa cultura. Saremo a BookCity Milano sia con un ciclo sul giornalismo di guerra sia con la mostra de “la Lettura” che come sempre indaga i molti linguaggi che questo giornale usa: perché “la Lettura” è un grande esperimento, per i contenuti e per i molti linguaggi, graphic novel, arti, infografiche e così via».
In arrivo rassegne sulle disuguaglianze, sulla poesia e sulla città di Milano, oltre a eventi sul Sessantotto e un ciclo sulla politica estera con l’Ispi. Conclude Marchetti: «Infatti abbiamo un forte rapporto di collaborazione con tutte le importanti istituzioni culturali della città, dall’Ispi stesso al Teatro alla Scala, e oltre».