L’avvocato-pianista: occhiali diversi per il mio doppio ruolo
Un pianista. E anche un avvocato. O viceversa. È lo stesso Remo Anzovino a non sapere come definirsi. «Le attività in fondo si parlano bene da un punto di vista psicologico: mi mettono in contatto con l’elemento umano. E in entrambe cerco la sintesi», racconta. C’è però un modo per capire chi si ha di fronte. «Ho due paia di occhiali. Quando li cambio è come se schiacciassi un interruttore. Quelli senza montatura sono da penalista; quelli neri spessi da pianista».
Il musicista, nato a Pordenone da famiglia napoletana, ha pubblicato venerdì «Nocturne», il suo quinto album. Progetto ambizioso, per la prima volta con una grande etichetta (Sony Classical), registrato fra Londra, Parigi, Tokyo e New York, vede anche la collaborazione della London Session Orchestra e di altri musicisti internazionali. «È un viaggio nell’anima di ognuno di noi. Ho immaginato un Galileo Galilei dei giorni nostri che guarda le stelle, si pone delle domande e sente il bello di appartenere a questo tempo. E nell’unità temporale di una notte riesce a veder scorrere il suo passato e immaginare il futuro. L’idea era quella della descrizione della solitudine umana e contemporaneamente il racconto della bellezza della vita». «Nocturne» non è classico e non è pop. «L’ispirazione va da un riferimento colto come Schubert a uno pop come i Coldplay». Come tutta la sua carriera musicale che ha incrociato il cinema e le sonorizzazione dei muti, il rock con i tre Allegri Ragazzi Morti, il rap di Dargen D’Amico, la fotografia di Oliviero Toscani.
C’è anche dell’elettronica. «Sì, ma “biologica” cioè generata dalla vibrazione delle corde del pianoforte». Ritrovarlo nello stesso catalogo dei «classici» farà arrabbiare i puristi. «Le etichette di genere sono superate. L’attualità si trova nell’unione dei linguaggi. Non si può piacere a tutti. Li inviterei a non fermarsi alla superficie ma di vedere se c’è un rispetto delle regole della musica. Che poi si possono anche rompere». Sopratutto dal vivo. «Anche se è un disco con orchestra e altri strumenti dal vivo il pianoforte è autosufficiente. Sto preparando uno spettacolo in solo con anche un lavoro interessante sulla luce e sulla componente visual».