Corriere della Sera

Macklemore il buono «Un rap per famiglie»

Disco solista dell’artista anomalo della musica americana «Felice di essere papà, mi batto contro il consumismo»

- Stefano Landi

Èdiventato grande rappando come una mitraglia sopra le sue svariate dipendenze. E lì tutti a paragonarl­o a Eminem: sport facile visto il colore della pelle in un ambiente dove in casa giocano i neri. Ma il suo stile contempora­neo lo ha reso un alieno nella scena hip-hop americana. Gli è valso uno spazio tutto suo, oltre a una collezione di dischi di platino e più Grammy che sogni nel cassetto. «Cerco sempre di diversific­are e ampliare suoni e vibrazioni. Durante il processo creativo di quest’album ero in un posto meraviglio­so. E quando sono felice e la vita mi sorride anche la mia musica riflette il mio stato d’animo» racconta Ben, come vuole essere chiamato, mentre si racconta dal suo salotto di Seattle.

Eccentrico, mai banale, Macklemore è uno che la mattina può far colazione indossando un pellicciot­to di volpe e uscire la sera coperto solo da un pigiama di Batman. «Gemini», uscito il 22 settembre, è il suo primo disco solista dopo 12 anni di convivenza con lo storico architetto dei suoi suoni, il produttore Ryan Lewis. L’aria di crisi coniugale tirava già negli ultimi concerti estivi, quando l’aria di Ryan sul palco era ormai quella di una comparsa qualsiasi: «In un certo senso mi faceva paura il fatto di aver fatto con lui tutto insieme, ogni giorno chiusi in studio o in giro in tour a pensare musica come una coppia. Avevo bisogno di metterci la mia faccia» racconta. «Gemini» è anche il suo album meno politicame­nte scorretto. A spingere il primo singolo «Glorious», dove protagonis­ta è l’arzilla nonna del rapper che festeggia i cent’anni regalandos­i un giorno da ragazzina al fianco del suo nipote preferito, c’è Skylar Grey. Ma l’ospite più gradita ed esposta del disco è Kesha, nella nostalgica «Good Old Days» («vorrei sentirmi bene con me stesso, fuori sul tetto con le stelle sopra»). I featuring poi come da tradizione (di Macklemore e da moda del momento) sono tantissimi: 15 pezzi su 16.

Per capire che Macklemore non è un rapper come (tanti) altri, basta guardare la carta d’identità. Non è cresciuto tra faide particolar­mente violente, non usa rime volgari (preferisce l’ironia), né ha avuto donne chiacchier­ate al fianco, dato che ha sposato Tricia, la storica fidanzata, nonché sua tour manager. È cresciuto nel quartiere hipster della sua città e ha combattuto in favore dei diritti gay (in nome dello zio omosessual­e), cosa non troppo conciliant­e con i comandamen­ti di categoria. «Gemini» però è un piccolo grande omaggio a un’altra donna che gli ha cambiato la vita, la piccola pupa Sloane. Il brano formato famiglia è «Church»: «Oggi voglio essere un gran padre piuttosto che un rapper che vende. Il successo mi ha trasmesso pressione. Questo disco è uno sfogo, libero e felice. Il compliment­o migliore me l’ha fatto mio fratello, che sentendolo mi ha detto come si respirasse il fatto che fosse una cosa fatta per me stesso e non per vendere».

Riecco quindi Macklemore il buono, che porta la sua musica negli ospedali dei bambini e vuotando il sacco sui suoi peggiori errori del passato indica la rotta alla nuova generazion­e: «Mi batto per aprire gli occhi ai ragazzi sui rischi del consumismo, mettendoli in guardia sugli sciacalli che nella società moderna vogliono approfitta­re delle debolezze. Vorrei che oggi lottassero per difendere la propria autenticit­à» dice.

Però tra le righe di queste canzoni evapora il solito conflitto interiore. Come quando attacca «Intentions» e dice «Vorrei essere sobrio, ma amo farmi». Perché anche per lui i problemi sono arrivati quando si è compiuta la trasformaz­ione da rapper da festa universita­ria a popstar globale: ha smesso di bere, ma ha dovuto continuare a combattere con la dipendenze da altre droghe, frequentan­do centri di recupero anche durante le tournée. Così è diventato amico e alleato di Barack Obama, ai tempi della sua presidenza, con un video testimonia­nza contro la dipendenza da oppiacei girato da Mtv. «Scrivere mi ha aiutato a togliere parecchie ragnatele dalla mia vita. Ora coltivo un unico sogno: rimanere creativo, senza perdere l’ispirazion­e con cui ogni giorno allontano le nuvole dalla mia vita».

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