Corriere della Sera

Sarri e un calcio che non c’è più

- Di Roberto De Ponti

Se gioca prima, è perché gioca prima; se gioca dopo, è perché gioca dopo; se non gioca proprio, è perché non gioca. Mai contento, Maurizio Sarri. Ogni motivo è buono per lamentarsi del sistema: l’orario dell’anticipo o del posticipo non lo soddisfa, il calendario stabilito dalla Lega lo fa scendere in campo troppo prima — o troppo dopo — rispetto alle rivali dirette, le convocazio­ni nelle varie Nazionali dei tanti campioni che allena lo privano dei suoi giocatori, con lunghe traversate interconti­nentali. Verrebbe da pensare che il lamento continuo dell’allenatore del Napoli sia studiato, come lo è scientific­amente quello di José Mourinho, una tattica per togliere pressione e attenzioni dai giocatori, ma tra i due esiste una differenza: lo Special One sa adattarsi a ogni situazione, Sarri invece, pur nella sua genialità (o forse proprio per quella), è quadrato in un mondo che da tempo è tondo. Il suo gioco, bello da vedere e redditizio, ha però bisogno di lavoro quotidiano in quantità industrial­e per essere imparato a memoria dai giocatori. Sarri sarebbe perfetto in un calcio antico, allenament­i dal lunedì al sabato e partita alle 14.30 della domenica. Ma oggi il calcio (purtroppo?) è un’altra cosa, e se Sarri allena una grande squadra deve accettare di ritrovarsi senza giocatori nella settimana delle Nazionali. Come diceva quel tale? Da grandi poteri derivano grandi responsabi­lità. Anche quella di non lamentarsi sempre.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy