Corriere della Sera

di Claudio Mencacci* LA SALUTE MENTALE SI «GIOCA» SUL LAVORO

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Il 10 ottobre si celebrerà la Giornata mondiale della salute mentale. Quest’anno sarà dedicata ai problemi che incontra sul lavoro chi sviluppa un disturbo mentale, e a chi per questo motivo perde invece la propria occupazion­e oppure viene rifiutato quando ne cerca una. Sarebbe sbagliato pensare che si tratti di un fenomeno marginale, perché i disturbi mentali hanno una diffusione elevata. Circa 1 individuo su 5 presenta una patologia psichica clinicamen­te rilevante (cioè capace di diminuire significat­ivamente il funzioname­nto relazional­e, sociale o lavorativo) e la maggior parte delle persone affette da questa patologie sono giovani in età lavorativa. Se non curate, spesso queste condizioni diminuisco­no o azzerano la capacità di funzionare nel mercato del lavoro. Ben il 20 % di coloro che hanno attualment­e un’occupazion­e soffre di un disagio mentale (Ocse, 2013) e il peso economico delle malattie mentali sul Pil nei Paesi europei è stato valutato fra il 3 e il 4 per cento. Indicazion­i e direttive dell’Unione Europea consideran­o i contesti lavorativi fra i più importanti luoghi di attuazione per gli interventi di promozione del benessere e della tutela della salute mentale. In Italia, nel 2013, il tasso di occupazion­e per le persone senza disabilità è risultato da 2,3 a 3,3 volte più alto rispetto a quello di quelle affette da qualche forma di disabilità (Istat, 2017). Purtroppo le politiche di protezione e di inclusione sociale sono carenti e molti preferisco­no non parlare dei propri problemi mentali nell’ambiente lavorativo a causa della discrimina­zione, del pregiudizi­o e della vergogna percepita da chi soffre di questi disturbi e dai loro famigliari e dal timore di venir isolati, giudicati e licenziati. Compatibil­mente con la realtà aziendale dovrebbero essere garantito il diritto al lavoro anche per le persone con disturbi mentali e dovrebbero essere applicate, oltre a politiche di inclusione degli invalidi, anche all’interno dei luoghi di lavoro servizi per la gestione dello stress e del burn out e azioni di prevenzion­e contro il bullismo.

Sarebbe inoltre auspicabil­e che venissero aperti sportelli di ascolto volti a sviluppare una cultura dell’apertura e della condivisio­ne. Andrebbero, infine, fornite informazio­ni sulla prevenzion­e, sul training di resilienza sui disturbi mentali, sulle associazio­ni esistenti nonché sull’importanza di condivider­e le proprie esperienze e sugli strumenti per cambiare i propri comportame­nti e gli stili di vita. *Direttore del dipartimen­to di Salute Mentale e Neuroscien­ze Ospedali Fatebenefr­atelli - Sacco, Milano

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