In tre sugli 8.000 del Dhaulagiri per portare la foto-ricordo di Luca
L’amico era morto sul Cervino. Dalla vetta dell’Himalaya la discesa sugli sci
Da ieri c’è una fotografia, fra la neve in cima al Dhaulagiri. E ci sono gli occhi di Luca che da quella foto guardano la meraviglia del mondo da lassù, a quota 8.167 metri.
Quando è scivolato lungo i fianchi del Cervino, a quota 3.000, Luca Borgone aveva 22 anni, la tesi in Biologia da discutere e un sogno in tasca. È stato tre mesi fa, l’8 di luglio. Lui non c’è più, la tesi l’ha discussa sua madre al posto suo e il sogno di scalare il Dhaulagiri e scendere con gli sci l’ha realizzato per lui un amico, anzi più di uno, in una sorta di staffetta.
Da qualunque parte la si voglia cominciare questa è una storia-matrioska, ne contiene diverse, una più straordinaria dell’altra.
Un’impresa sportiva senza precedenti, tanto per dirne una. Perché l’uomo che ha portato la fotografia fino alla vetta — parliamo della settima montagna più alta della Terra, catena dell’Himalaya, Nepal — è anche il primo in assoluto a essere sceso dal Dhaulagiri, ieri, con gli sci ai piedi. Si chiama Carlalberto Cimenti, per tutti Cala, classe 1975, alpinista professionista. Ha la vita e la fidanzata (Erika) a Pragelato (Torino) e alle spalle ha un record ambitissimo: è stato il primo italiano della storia a conquistare nel 2015 il titolo di «Snowleopard», onorificenza che la Federazione Alpinistica Russa concede soltanto a chi scala le cinque cime oltre i 7.000 metri nel territorio dell’ex Unione Sovietica.
Era da mesi che Cala si allenava per l’ascensione e la discesa con gli sci riuscita ieri. Lui e l’amico svizzero Matthias Koenig avevano già pianificato la spedizione quando Luca, laureando di Cuneo conosciuto in montagna, lo ha contattato. Quel ragazzo aveva vinto un concorso per scalare il Dhaulagiri e provare la discesa con lo snowboard. Aveva i finanziamenti ma non se la sentiva di affrontare da solo quella prova: «Cerco di convincere anche il mio grande amico Davide a venire con noi» promise a Cala. Ma Davide Gerlero, 36 anni, boscaiolo di Levaldigi (Cuneo), non accettò. Così — salvo i tre giorni in cui provò attrezzatura e resistenza al fianco di Cala — Luca si allenò per conto proprio.
A questo punto la storia da raccontare è quella di Davide che, il giorno prima dei funerali dell’amico chiamò Cala: «Voglio venire con te sul Dhaulagiri al posto di Luca». Ed è partito per il Nepal, lui che non aveva mai preso un aereo in vita sua. Con Cala e il suo compagno di spedizione svizzero.
Aveva in tasca la fotografia che la madre di Luca, Cristina, voleva fosse lasciata in vetta e che aveva fatto plastificare perché potesse resistere al gelo degli ottomila. Tre i tentativi di raggiungere la cima. Davide si è arreso al secondo giro ma prima di tornare indietro ha passato a Cala la foto, scattata tre giorni prima della morte. Cala è arrivato alla meta (un po’ dopo anche Matthias) e in un certo senso ci è arrivato anche Luca che in questo viaggio non c’era ma che era lì con loro, soprattutto con il suo amico Davide.
«Noto due cose importantissime», ha detto la madre di Luca appena ha saputo dell’impresa riuscita. «La cima è stata raggiunta il giorno 8 e Luca è morto il giorno 8. E poi l’arrivo in vetta è stato verso le 11 e lui è morto verso le 11. Io li prendo come segni».
Da quando suo figlio non c’è più lei ne ha preso il posto sul suo profilo Facebook. Ieri sera ha scritto: «Oggi è l’8 e quindi dovevo dare un segno grande della mia presenza. Grazie a Cala la mia foto è arrivata in cima al Dhaulagiri proprio questa mattina e anche l’ora è stata quella giusta! L’emozione è stata indescrivibile (...) Grazie
La mamma di Luca dal profilo Fb del figlio Grazie a Cala la mia foto è arrivata sul Dhaulagiri Così continuo a vivere
perché con le vostre azioni continuate a farmi vivere».
In questo racconto di amore, morte e montagna c’è anche la tenacia di Boyan Petrov, zoologo e alpinista bulgaro che studia insetti. Ridotto in fin di vita da un gravissimo incidente stradale, si è ripreso e ha ricominciato a scalare. Ha incrociato Cala sul Dhaulagiri e si è aggregato alla spedizione fino a quota 8.000. Era il primo tentativo, l’italiano ha preferito scendere, Boyan ha continuato. Ed è arrivato in cima prima di tutti. Solo.