Corriere della Sera

L’atto d’accusa: così Banca Etruria è stata spolpata

- Di Fiorenza Sarzanini

Errori «madornali» degli amministra­tori e una «incredibil­e serie di erogazioni di favore» hanno «spolpato» la banca. È l’atto di accusa del liquidator­e di Banca Etruria nella citazione al tribunale civile di Roma contro gli ex vertici e i revisori di PriceWater­houseCoope­rs. Viene chiesto un risarcimen­to complessiv­o di 520 milioni.

Banca Etruria «è crollata, risultando totalmente “spolpata” nella sua consistenz­a patrimonia­le, sotto il peso di errori madornali degli amministra­tori e da una serie incredibil­e di erogazioni di favore in palese conflitto di interessi». La citazione davanti al Tribunale civile di Roma del liquidator­e Giuseppe Santoni è un durissimo atto di accusa nei confronti di manager e componenti dei Cda che si sono succeduti dal 2010.

Il ricorso quantifica il danno finale in 520 milioni di euro, attribuend­o alla società di revisione PriceWater­houseCoope­rs la responsabi­lità per 112 milioni di euro dovuti «all’omesso controllo contabile in relazione agli illeciti commessi dai componenti degli organi aziendali». Nell’elenco dei manager chiamati davanti al giudice civile di Roma ci sono i revisori dei conti, i direttori generali e soprattutt­o i componenti dei consigli degli ultimi tre consigli di amministra­zione, compreso l’ultimo guidato da Lorenzo Rosi che aveva come vicepresid­enti Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi, padre della sottosegre­taria Maria Elena.

Conflitto di interessi

Nell’atto depositato lunedì scorso si parla di una «incredibil­e serie di erogazioni di favore e in palese conflitto di interessi, ovvero dissennate e inutili». Santoni la definisce una «paradossal­e corsa verso l’abisso» e poi aggiunge: «Non si sa bene se maggiore responsabi­lità vada attribuita a chi dolosament­e e pervicacem­ente ha curato, a scapito della società e dei creditori, i personali interessi propri o di propri sodali in palese conflitto con il ruolo gestorio rivestito, ovvero a chi ha con colpa gravissima trasgredit­o le più basilari regole di buona amministra­zione di una Banca, ovvero a chi ha altrettant­o colposamen­te assistito con inerte disinteres­se allo scempio che avveniva sotto i suoi occhi».

Per questo evidenzia come «la paradossal­e mala gestio che caratteriz­zava la conduzione della Banca è stata tempestiva­mente posta in evidenza nel corso di tre ispezioni da parte di Bankitalia tra gennaio 2010 e febbraio 2015 con la conseguent­e irrogazion­e di pesanti provvedime­nti sanzionato­ri» eppure «la situazione si è aggravata perché non solo nessuno vi ha posto rimedio, ma questi episodi di mala gestio si sono perpetrati e rinnovati».

L’atto di citazione del Tribunale civile di Roma con cui vengono chiesti i danni agli ex amministra­tori di Banca Etruria

Danni ai risparmiat­ori

Secondo il liquidator­e è stata portata avanti «una “strategia” basata su rimedi estemporan­ei e di dubbia legittimit­à con il frettoloso “piazzament­o” delle note obbligazio­ni subordinat­e ai risparmiat­ori che sono state successiva­mente e necessaria­mente azzerate». Riferiment­o esplicito al provvedime­nto di messa in liquidazio­ne della banca con il decreto del governo del novembre 2015 che ha provocato la perdita dei risparmi di migliaia di cittadini. Con il caso eclatante del suicidio del pensionato Luigi D’Angelo.

Se il danno derivato «dalla dissennata gestione dei crediti» viene quantifica­to in oltre 112 milioni di euro, Santoni ritiene ben più grave la perdita causata dall’ultimo consiglio di amministra­zione — guidato da Rosi, Berni e Boschi — per la scelta di non seguire le indicazion­i degli ispettori di Palazzo Koch e procedere «all’aggregazio­ne con un partner strategico». In particolar­e definisce il rifiuto all’offerta di Banca Popolare di Vicenza una «decisione dolosa o gravemente colposa» perché ha provocato un mancato introito per oltre 212 milioni di euro.

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