L’affondo di Napolitano Teme che l’accelerazione finisca per complicare il destino del premier
Martedì ha protestato per la vecchia clausola che prevede l’indicazione sulla scheda, accanto al simbolo, della persona alla guida delle diverse forze politiche, perché così si suggerisce in modo equivoco all’elettore che quello sia il candidato premier, sottraendo di fatto un potere al Quirinale. E ieri ha contestato il ricorso alla fiducia «posta in blocco dal governo sulle parti sostanziali del testo prima che si aprisse il confronto sugli emendamenti all’articolo 1». Ciò che gli lascia «la sola possibilità di intervenire al dibattito in Senato». Cosa che farà, annuncia, «anche per mettere in luce l’ambito pesantemente “costretto” in cui qualsiasi deputato o senatore può far valere Giorgio Napolitano, 92 anni, capo dello Stato dal 2006 al 2015 per due mandati il suo punto di vista e le sue proposte e contribuire così alla definizione di un provvedimento tra i più significativi e delicati».
Ecco le principali (e magari non uniche) forzature sul Rosatellum che hanno spinto l’ex capo dello Stato a intervenire per due volte in poche ore, dando luogo a quello che alcuni hanno chiamato un «caso Napolitano». Ora, chi un po’ lo conosce sa quanto ancora pesi su di lui la passione politica. Anche a 92 anni, quando potrebbe esercitare con platonico distacco il ruolo di senatore a vita. E sa che, da ex presidente della Camera ed ex presidente della Repubblica, al fondo rimane un parlamentarista contrario a certi abusi studiati per limitare, se non proprio svuotare, i poteri delle Assemblee.
Ma c’è qualcosa di più e di diverso, nel linguaggio acuminato con cui si sta esprimendo sul nuovo sistema elettorale. Questioni di merito (il problema democratico della selezione dei candidati, ad esempio) e di metodo (cioè il ricatto del «o passa ora questo testo o non passerà nulla») che non condivide, perché strangola il dibattito. E sì, forse c’è pure l’intima convinzione che, co-
Le modifiche L’ex presidente parlerà al Senato e chiederà cambiamenti per il Rosatellum
me accadeva quando stava al Quirinale, riuscirà ancora a farsi ascoltare. Di fatto, secondo chi gli ha parlato negli ultimi tempi, la legge non gli pare del tutto da cassare quanto da emendare. A partire da quella faccenda del nome sulla scheda che già scatenò la vis polemica del politologo Giovanni Sartori all’epoca della presidenza Ciampi, «reo» di averla lasciata passare al suo inventore Berlusconi. Per arrivare ora alla fiducia imposta come se si trattasse di approvare un decreto qualsiasi. E qui c’è il punto politico, traducibile in due domande. Perché questa brutale accelerazione, con uno strumento che maldispone quasi tutti e trascina l’attuale premier in una bagarre tale da vederne ridotto il prestigio? Chi ne trae vantaggio e chi ne è logorato, sia che il Rosatellum passi sia che naufraghi nel voto segreto? È questo l’interrogativo che dev’essersi posto Napolitano, da tempo in gran freddo con l’ex premier Renzi, che l’accelerazione ha imposto. Ora, se è vero che, come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si indovina, la risposta ha un nome scontato: Paolo Gentiloni.