Arroccata
Soraya Sáenz de Santamaría, 46 anni, è la vicepresidente del governo centrale che rifiuta qualsiasi mediazione nei confronti dei ribelli della Generalitat. Soraya, che è un’avvocata, è un’esperta di autonomie locali e chiede che sia immediatamente ripristinata la legalità e la democrazia in Catalogna DALLA NOSTRA INVIATA
Da tempo più nessuno osa chiamarla la «niña» di Mariano Rajoy, la «bambina» del premier. Soraya Sáenz de Santamaría è diventata la donna più potente di Spagna, la vicepresidente del governo centrale e, per il suo attuale avversario, il presidente del governo catalano, Carles Puidgemont, il cerbero che non cede di un millimetro sul terreno sempre più scivoloso per i ribelli della Generalitat: la legge. Ha promesso «tutte le misure necessarie per ripristinare la legalità e la democrazia in Catalogna», ha assicurato che «nessuna mediazione è possibile tra la democrazia e l’imposizione, tra la legge e la disobbedienza». Ha attaccato la sindaca di Barcellona, Ada Colau, accusandola di aver «consegnato il municipio alla causa indipendentista». Ha tagliato corto alle richieste dei parlamentari di Podemos per una mediazione nella crisi istituzionale che sta scuotendo il Paese: «Questa Camera non ha bisogno di mediatori. I mediatori di questa Spagna che voi dite di voler difendere, sono tutti seduti in questo scranno e con loro si deve parlare». Ha difeso da una valanga di critiche il discorso di re Felipe VI, dopo la domenica di rabbia e violenza del primo ottobre, quando le urne clandestine sono spuntate dai loro nascondigli e i catalani hanno sfidato Madrid e l’ordine costituito. Ha difeso perfino la polizia che, probabilmente, eseguiva gli ordini prendendo a manganellate i votanti, ma i cui eccessi hanno richiesto le scuse del ministro dell’Interno. Soraya Sáenz de Santamaría è un osso duro, nonostante l’aspetto materno e la disinvoltura con cui ha chiuso la campagna elettorale del suo partito, la scorsa estate, scatenandosi a fianco del dj Pulpo nel meeting finale di Madrid
Sono passati 17 anni dall’estate in cui, nemmeno trentenne, la giovane avvocata dello Stato, originaria di Valladolid, salì sul pullman diretto da Léon a Madrid, per andare a insegnare Diritto amministrativo all’Università Carlo III della capitale. Il Partito popolare cercava consiglieri giuridici e Soraya era la candidata perfetta. La risposta a Podemos Questa Camera non ha bisogno di mediatori Con noi si deve parlare
Preparata, instancabile, entusiasta, decisa, discreta e, come avrebbe presto scoperto Rajoy, all’epoca vice primo ministro nel governo di José Maria Aznar, assolutamente leale.
Soraya si è fatta strada senza badare alle antipatie che generava nel suo stesso partito, conservatore e ancora riluttante a cedere poltrone importanti alle donne. Come segretaria della politica territoriale del Pp, è un’esperta di autonomie locali e, certamente, non è estranea al ricorso che i popolari presentarono nel 2006 al Tribunale Costituzionale contro la riforma dello Statuto catalano. Puigdemont lo sa. Sa che in questa causa di divorzio, Madrid è difesa da un avvocato potente e implacabile.