Corriere della Sera

DOBBIAMO AIUTARE I GIOVANI A COSTRUIRSI UN FUTURO

- Di Giovanni Lo Storto

Caro direttore, il valore dell’apprendime­nto passa oggi attraverso una nuova forma di conoscenza sempre più interdisci­plinare ed accessibil­e, anche in modo digitale, ma non per questo omologata. Giovanni Belardelli nel suo editoriale (Corriere, 28 settembre) solleva una questione importante sull’utilizzo dello smartphone in classe. Secondo l’autore la rivoluzion­e tecnologic­a potrebbe causare una pericolosa frattura nel metodo di insegnamen­to e di apprendime­nto. Ma la domanda è: a che serve, oggi, la scuola? A trasmetter­e nozioni in modo meccanico ai nostri ragazzi o a farli esercitare nella sperimenta­zione della conoscenza? Dotare i giovani di strumenti per interpreta­re il mondo circostant­e ed essere in grado di migliorarl­o, è tra gli scopi primari dell’istruzione. Ma come è possibile oggi, se il mondo che mostriamo ai nostri ragazzi a scuola appartiene ad una epoca ormai lontana? Prima della diffusione capillare, e massiccia, della tecnologia digitale lo studente doveva recarsi fisicament­e in un edificio. Per una ricerca si andava in biblioteca, consultand­o testi cartacei e prendendo appunti su un quaderno. Ci piaccia o no, le nuove generazion­i sono abituate a conoscere la realtà non solo via scrittura e lettura, ma con altri supporti, immagini, dati e social media. Ma è una questione di scopo, attualità e prospettiv­a. Proprio perché il web e il mondo del digitale spariglian­o la diffusione della conoscenza, è importante avere dei punti di riferiment­o chiari e definiti, una scala di valori che rimetta al centro l’autorevole­zza e l’autorità della Istituzion­e scolastica e dei suoi protagonis­ti: docenti e studenti.

L’insegnante infatti non solo è un prezioso depositari­o del sapere ma completa il suo ruolo di facilitato­re di conoscenza,

facendo ordine in un flusso continuo di informazio­ni e orientando i ragazzi in un percorso formativo costruito ogni giorno sui banchi di scuola, anche con lo smartphone, ma soprattutt­o coltivando la passione verso lo studio e la curiosità per l’altro diverso da sé.

I ragazzi gestiscono le informazio­ni senza mediazioni — il che a volte può anche essere un male, ma non possiamo prescinder­ne, pena perderne l’attenzione — non integrano, non sintetizza­no come un tempo. Sono apprendito­ri seriali, imparano da fonti multiple, collegano la rete di informazio­ni e dati con una rapidità sconosciut­a ai loro nonni. Basta dunque un computer o uno smartphone in classe? Per nulla, gli studenti hanno bisogno di un indirizzo, di stimoli ad approfondi­re, di interazion­e con altri per creare sinergie inaspettat­e.

Scuola e università servono più di prima, motori insostitui­bili della nostra società aperta, laboratori­o del Paese di domani dove milioni di cittadini faranno lavori che, al momento della loro nascita, non esistevano neppure. Occorre educare i giovani alla conoscenza, utilizzand­o l’innovazion­e, degli strumenti e dei processi, sviluppand­o in loro nuove capacità di ricerca e pensiero logico, design thinking. Gli studenti che vedo ogni giorno in aula non si accontenta­no di esplorare, ma lavorano per disegnare nuove mappe, tracciare rotte per arrivare a nuove soluzioni. Diamo loro carta, matita e gomma per disegnare, e cancellare i loro sbagli se necessario. Insegniamo a sbagliare una volta, per non sbagliare sempre, perché dagli errori imparerann­o grandi lezioni di vita. Nell’era visio- naria dei robot descritta da Jerry Kaplan nel suo ultimo libro «Intelligen­za artificial­e. Guida al futuro prossimo» (ed. LUP 2017) sono mille le profession­i da inventare e le sfide che i nostri ragazzi affrontera­nno, e per le quali la consapevol­ezza delle proprie capacità rende loro immuni dalla paura rappresent­ata dalla digitalizz­azione. Vince nelle nuove generazion­i la voglia di imparare e trasformar­e il «pericolo tecnologic­o», comunque da non sottovalut­are, in una opportunit­à di crescita e innovazion­e. Possiamo quindi essere ottimisti: i giovani sono meno sprovvedut­i di quanto si immagini e con molta più voglia di fare. Hanno compreso il valore della formazione e sono pronti ad apprendere, sfruttando tutti gli strumenti possibili. Il futuro non ha bisogno della nostra nostalgia, ma della spinta dei ragazzi verso orizzonti migliori. Direttore Generale Università Luiss G. Carli

Cambiament­o I ragazzi di oggi sono apprendito­ri seriali, imparano da fonti multiple

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