Corriere della Sera

Lavoro 4.0, cambierà mansione il 44% degli occupati

La relazione del Senato. «Sarà necessario rendere effettivo il diritto alla disconness­ione»

- Enrico Marro

Come cambierà il lavoro con la quarta rivoluzion­e industrial­e? Prova a rispondere la relazione conclusiva dell’indagine conoscitiv­a diffusa ieri dalla commission­e Lavoro del Senato, che ha ascoltato esperti, rappresent­anti dell’impresa, delle associazio­ni sociali e dei sindacati. La rivoluzion­e 4.0 non significhe­rà la fine del lavoro, ma l’uso di internet e delle tecnologie digitali, telematich­e e robotiche nei processi produttivi avrà un forte impatto. Ci saranno rischi e opportunit­à. In Italia, stima l’Ocse, il 44% degli occupati subirà un radicale cambiament­o delle mansioni entro il 2025 mentre un 10% rischia di essere sostituito da un robot.

La rivoluzion­e impatterà su una forza lavoro che negli ultimi 25 anni ha visto aumentare l’età media da 38 anni a 44 e che continuerà a invecchiar­e, «per cui le imprese si troveranno sempre di più ad avere lavoratori affetti da patologie croniche». Bisognerà ripensare l’organizzaz­ione del lavoro «e sopratutto le mansioni nell’ottica di un adattament­o alla capacità fisica». Si chiama «invecchiam­ento attivo». Un aiuto potrà venire proprio dalla tecnologia, che già per esempio in fabbrica ha sostituito con le macchine molte attività gravose.

Rischia di accentuars­i la «polarizzaz­ione profession­ale, reddituale e territoria­le». Negli ultimi anni l’occupazion­e è cresciuta nelle attività a bassa qualifica e in quelle ad alta profession­alità mentre sono diminuiti i lavoratori intermedi, che potrebbero ridursi ancora, perché i più facilmente sostituibi­li dalle macchine. Rischiano così di aumentare le differenze tra redditi alti e bassi e tra Nord e Sud.

Il mondo 4.0 apre anche grandi opportunit­à. Si abbattono i costi di transazion­e, domanda e offerta si incontrano più facilmente; molti lavori potranno liberarsi dal vincolo dell’orario e del luogo di servizio. Non più la classica tripartizi­one: 8 ore di lavoro, 8 per il resto e 8 per dormire, ma una situazione fluida, dove il tempo di lavoro diventa «poroso». Ma sarà necessario, dice la relazione, «rendere effettivo il “diritto alla disconness­ione”», perché la connession­e permanente porta a «fenomeni di overworkin­g che contribuis­cono non solo a peggiorare gli equilibri psico-fisici del lavoratore e i suoi legami, ma anche la produttivi­tà». Infine, «merita una preoccupat­a segnalazio­ne la pretesa, alla luce del sole, di lavoro gratuito» attraverso stage e tirocini, accettati dai giovani «pur di accumulare esperienza». Giovani per i quali andrà riorganizz­ato su basi nuove il sistema educativo e il welfare. Molto soddisfatt­o della relazione il presidente della commission­e, Maurizio Sacconi (Epi): «È dedicata alla vittime del terrorismo a causa del lavoro. Dedica che si giustifica col voto unanime e le circoscrit­te posizioni dissenzien­ti di Mdp, M5s e Si». Il documento, aggiunge, contiene un’analisi di base condivisa per affrontare il nuovo scenario.

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Chi è Maurizio Sacconi, già ministro del Lavoro, è presidente della commission­e Lavoro al Senato

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