Lavoro 4.0, cambierà mansione il 44% degli occupati
La relazione del Senato. «Sarà necessario rendere effettivo il diritto alla disconnessione»
Come cambierà il lavoro con la quarta rivoluzione industriale? Prova a rispondere la relazione conclusiva dell’indagine conoscitiva diffusa ieri dalla commissione Lavoro del Senato, che ha ascoltato esperti, rappresentanti dell’impresa, delle associazioni sociali e dei sindacati. La rivoluzione 4.0 non significherà la fine del lavoro, ma l’uso di internet e delle tecnologie digitali, telematiche e robotiche nei processi produttivi avrà un forte impatto. Ci saranno rischi e opportunità. In Italia, stima l’Ocse, il 44% degli occupati subirà un radicale cambiamento delle mansioni entro il 2025 mentre un 10% rischia di essere sostituito da un robot.
La rivoluzione impatterà su una forza lavoro che negli ultimi 25 anni ha visto aumentare l’età media da 38 anni a 44 e che continuerà a invecchiare, «per cui le imprese si troveranno sempre di più ad avere lavoratori affetti da patologie croniche». Bisognerà ripensare l’organizzazione del lavoro «e sopratutto le mansioni nell’ottica di un adattamento alla capacità fisica». Si chiama «invecchiamento attivo». Un aiuto potrà venire proprio dalla tecnologia, che già per esempio in fabbrica ha sostituito con le macchine molte attività gravose.
Rischia di accentuarsi la «polarizzazione professionale, reddituale e territoriale». Negli ultimi anni l’occupazione è cresciuta nelle attività a bassa qualifica e in quelle ad alta professionalità mentre sono diminuiti i lavoratori intermedi, che potrebbero ridursi ancora, perché i più facilmente sostituibili dalle macchine. Rischiano così di aumentare le differenze tra redditi alti e bassi e tra Nord e Sud.
Il mondo 4.0 apre anche grandi opportunità. Si abbattono i costi di transazione, domanda e offerta si incontrano più facilmente; molti lavori potranno liberarsi dal vincolo dell’orario e del luogo di servizio. Non più la classica tripartizione: 8 ore di lavoro, 8 per il resto e 8 per dormire, ma una situazione fluida, dove il tempo di lavoro diventa «poroso». Ma sarà necessario, dice la relazione, «rendere effettivo il “diritto alla disconnessione”», perché la connessione permanente porta a «fenomeni di overworking che contribuiscono non solo a peggiorare gli equilibri psico-fisici del lavoratore e i suoi legami, ma anche la produttività». Infine, «merita una preoccupata segnalazione la pretesa, alla luce del sole, di lavoro gratuito» attraverso stage e tirocini, accettati dai giovani «pur di accumulare esperienza». Giovani per i quali andrà riorganizzato su basi nuove il sistema educativo e il welfare. Molto soddisfatto della relazione il presidente della commissione, Maurizio Sacconi (Epi): «È dedicata alla vittime del terrorismo a causa del lavoro. Dedica che si giustifica col voto unanime e le circoscritte posizioni dissenzienti di Mdp, M5s e Si». Il documento, aggiunge, contiene un’analisi di base condivisa per affrontare il nuovo scenario.