Canova, Hayez e Cicognara: la triade del riscatto
Dipinti, sculture e preziosi per rievocare la riconquista (difficile) di un patrimonio
«Tutto ciò che concerne Venezia è o fu degno di osservazione; il vederla fa l’effetto di un sogno, i suoi annali sono un romanzo». Parola di Lord Byron. Il poeta britannico visse nella città lagunare più famosa al mondo un periodo della sua turbinosa esistenza(1816-1819) coincidente con quella stagione culturale da cui prende le mosse un’importante mostra, in corso dal 29 settembre alle Gallerie dell’Accademia fino al 2 aprile 2018.
Con l’esposizione Canova, Hayez, Cicognara. L’ultima gloria di Venezia si onora un momento speciale della storia artistica della città, proprio nell’anno delle celebrazioni del bicentenario dell’apertura di un Museo di importanza e qualità internazionale. Va detto che la Pinacoteca dell’Accademia di Belle Arti — questa la sua denominazione originaria — fu baluardo di salvaguardia estrema di dipinti di grandissima qualità (soprattutto di scuola veneta dal XIV al XVIII secolo) prima ancora degli anni delle confische, che videro il saccheggio di numerose opere d’arte provenienti da palazzi pubblici e da edifici di culto. La spoliazione avvenne durante il periodo napoleonico, con la fine della millenaria Repubblica Serenissima e l’annessione al Regno Italico (1805).
Quindi, il ritorno da Parigi, nel 1815, dei quattro cavalli di San Marco, (che Napoleone aveva fatto issare sull’arco di trionfo del Carrousel), opera simbolo di Venezia, segna il rilancio culturale nel corso di un settennato di grandi speranze, momento singolare e contraddittorio nella storia millenaria della città. Il regista indiscusso di questa favorevole congiuntura fu il conte Leopoldo Cicognara, intellettuale e presidente dell’Accademia delle Belle Arti.
Insieme all’amico Antonio Canova e a Francesco Hayez lavorò per dare vita ad un museo di alto livello, capace di valorizzare lo straordinario patrimonio artistico della Serenissima. L’epoca «gloriosa» si chiuse nel 1822, anno della morte del Canova. «Che coincise con la decisione di Hayez di abbandonare, nell’anno successivo, la sua patria per trasferirsi definitivamente a Milano», annota, nel saggio di apertura del catalogo (Marsilio-Electa) Fernando Mazzocca, curatore della Mostra con Paola Marini (direttore delle Gallerie dell’Accademia) e Roberto De Feo. L’Esposizione comprende oltre 130 opere. Allestita negli spazi al pianterreno del Museo, illumina le figure dei tre protagonisti della vicenda che si propone di narrare. E introduce alcuni temi che la qualificano: dal ritorno a Venezia delle opere d’arte asportate dai francesi, all’acquisizione di disegni del segretario dell’Accademia di Belle Arti di Milano, Giuseppe Bossi; dalla ricostruzione dell’Omaggio delle Province Venete all’Austria, alla produzione di artisti contemporanei, agli anni veneziani di Lord Byron, cruciali per lo sviluppo del Romanticismo.
Dieci sezioni per un percorso in cui spicca la riunione e il ritorno a Venezia dopo 200 anni di una serie di manufatti, inviati alla Corte di Vienna nel 1818 per il quarto matrimonio dell’Imperatore Francesco I. Sono esposti, tra l’altro, la Musa Polimnia di Canova, il Rinaldo e Armida e il Ritratto della famiglia Cicognara di Hayez, tanti altri dipinti, gruppi scultorei, due are e altrettanti grandi vasi di marmo, un tavolo in bronzo e in legno ricoperti da pregiati vetri di Murano. Oltre a preziose rilegature, opera di artisti e artigiani veneti del tempo.