Un tocco di naturalismo per Genet
Ne Le serve di Jean Genet ogni azione è cerimonia di morte in un groviglio di sentimenti, l’odio-amore delle serve per la padrona, della padrona per le serve, delle serve per se stesse e tra loro, che si esplicita in un ritualismo di travestimenti, in una teatralissima filosofia delle apparenze.
Una sera il gioco di Claire e Solange che si trasformano a turno in padrona per dileggiarla, sfugge loro di mano fino a un epilogo tragico in cui finiranno per annullarsi. Giocano, «sognano» di essere Madame scambiandosi i ruoli, ora carnefice ora vittima in una partita d’odio e di morte senza speranza. Precipitati veridici di incubi e sogni.
Il regista Giovanni Anfuso (al Grassi di Milano) propone una lettura carica di naturalismo e pathos, che appannano il senso frustrante di una trasgressione che può vivere solo nel sogno-gioco, e l’inquietante tragica ossessività del rito.
È nel rituale che va cercata la profondità del teatro di Jean Genet, una ritualità che non è celebrazione ma profanazione di un rito, e conduce all’odio, scardina ogni naturalismo e porta alla conflagrazione parole, gesti, emozioni. Una lettura discutibile, poco genetiana, supportata dalle brave Anna Bonaiuto, Manuela Mandracchia, Vanessa Gravina.