Corriere della Sera

Tristano e Isotta: i due borghesi del regista Guth

- Di Enrico Girardi

Il teorema Tristano=Wagner, Isotta=Mathilde Wesendonck (l’amante del musicista), Re Marke=Otto Wesendonck (il marito di lei) è un po’ forzato. Ma l’ambientazi­one borghese a mezzo Ottocento (a Villa Wesendonck, presso Zurigo, dove questa messinscen­a era stata varata) il regista Claus Guth la realizza da autentico maestro, rivelando mano felice in numerosi dettagli: i fermo-immagine, la scena «del giudizio», le introspezi­oni psicanalit­iche. Tutte cose che riflettono meglio di un trattato la concezione rivoluzion­aria, antiborghe­se appunto, di Wagner su amore e morte. Si capisce dunque perché il Regio di Torino abbia scelto questa messinscen­a di Tristano e Isotta come spettacolo inaugurale della propria stagione.

La parte musicale è tutta farina del sacco sabaudo, in ogni caso. Ed è una pregevole farina. Manca, all’orchestra del Regio, la profondità di suono, il peso, l’attitudine all’affondo proprie delle orchestre wagneriane. E la gamma dei colori, di conseguenz­a, ne risulta un po’ sacrificat­a. In compenso Gianandrea Noseda, oltre a rispettare la sintassi dei tempi e dei fraseggi, sa trovare un «legato» morbido e flessibile, ideale nel dare anima all’infinito procedere delle linee. Più orizzontal­ità che verticalit­à, dunque, nella sua prova, più contrappun­to che armonia. E questo non è pregio da poco. A maggior ragione perché le voci del sempre avvincente Peter Seiffert (lui), Ricarda Merbeth (lei) e Steven Humes (l’altro), sono perfette, se non tecnicamen­te, sul piano stilistico. E tra i deuteragon­isti vi è un Kurwenal, Martin Gantner, a dir poco eccezional­e. Meritati i lunghi applausi.

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Sul letto Ricarda Merberth (Isotta) e Peter Seiffert (Tristano)

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