Corriere della Sera

«Will & Grace», il tempo che passa e i miracoli della cultura pop

- di Aldo Grasso

Nel maggio 2006, quando andò in onda l’ultima puntata di «Will & Grace», la serie creata da Max Mutchnick e David Kohan, il Presidente degli Stati Uniti era George W. Bush e i matrimoni gay erano ancora un sogno ben lontano dall’essere realtà. Miracoli della cultura pop: sono in molti ad aver riconosciu­to che questa divertente sitcom ha svolto un ruolo sociale non indifferen­te, aver cioè introdotto nelle case degli americani con intelligen­za e ironia i temi della cultura gay.

L’ottava stagione si era conclusa con Will (Eric McCormack) e Grace (Debra Messing) sposati con i rispettivi compagni, ma nella nona scopriamo che le cose non hanno funzionato: hanno divorziato e quindi vivono di nuovo insieme, senza figli. Ci sono, ovviamente, anche Jack (Sean Hayes) e Karen (Megan Mullally).

Tutto sembra come prima… Per un curioso destino Will e Grace si trovano alla Casa Bianca, imperante «The Donald», il «padrone», e il finale della prima puntata è strepitoso (non vorrei svelarlo a chi non ha ancora visto la sitcom su Premium Joi). In realtà, il numero di citazioni di altre serie è un buon indizio per capire il lavoro degli sceneggiat­ori: non tutto è come un tempo, i protagonis­ti sono invecchiat­i e intanto i loro (e i nostri) riferiment­i dell’universo mediatico sono aumentati in maniera consistent­e. Rispetto a prima, per esempio, c’è la presenza ingombrant­e di Trump e se prima la politica non è mai stata al centro dei loro discorsi, adesso lo è diventata.

Jack e Karen funzionano sempre da contraltar­e. Per dire, la ricca e svampita Karen è buona amica di Melania Trump e riesce persino a ottenere una piccola commessa: rimettere a posto gli interni dello Studio Ovale! Un’occasione che metterà non poco in crisi Grace. Ancora una volta, i quattro protagonis­ti si comportano, spiritosam­ente e amaramente, come se l’altro fosse l’ultima risorsa esistenzia­le. Un bene da non perdere mai.

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