Alfano: legge elettorale grazie a noi
Il leader centrista: c’è stata una forte intesa bipartisan
«Ancora una volta...». Non è la prima volta che dice così e certamente non sarà l’ultima. Ma sulla legge elettorale «ancora una volta», come già altre volte, Alfano ha evitato un destino dato quasi per scontato.
Escluso dall’intesa sul Tedesco a giugno, il ministro degli Esteri è stato parte dell’accordo sul Rosatellum a ottobre: «Dove una maggioranza più larga aveva fallito la prova del voto segreto, una maggioranza più piccola quella prova è riuscita a superarla». È grazie alla presenza di Ap nel patto che si è potuta usare la fiducia. Ma non è un caso se ieri — a margine del Consiglio dei ministri — il titolare degli Esteri ha sottolineato invece l’atto conclusivo alla Camera sulla legge elettorale. Passaggio che a suo giudizio ha «un duplice significato». Un «forte valore parlamentare», perché «proprio con il voto segreto i deputati hanno potuto scegliere con il massimo della libertà». E un «forte valore politico», perché è stata testimoniata la solidità di un’intesa bipartisan, che si regge su due capisaldi: da una parte Berlusconi e Salvini, leader di forze d’opposizione; dall’altra Renzi e Alfano, in rappresentanza dei partiti di governo.
Il punto è se questo schema sulle riforme sia l’anticamera di un’alleanza nelle urne tra Pd e Ap. «Noi siamo stati ancora una volta elemento di stabilizzazione del sistema», si è limitato a dire il responsabile della Farnesina. Una frase sibillina che può dar adito a mille interpretazioni e può lasciar intravvedere mille manovre. Come peraltro consente di fare il Rosatellum, che in virtù della quota proporzionale garantisce di correre in solitaria ma che per effetto dei collegi maggioritari permette accordi di coalizione. Ed è chiaro che i centristi prima o poi questo nodo dovranno scioglierlo, ma intanto — «ancora una volta» — tornano ad avere uno spazio che pochi mesi fa sembrava irrimediabilmente chiuso: «Per la nostra area vedo buone prospettive perché possa avere un ruolo nella prossima legislatura».
Si vedrà se un gabinetto di «larghe intese» si sostituirà ai governi di «piccole intese» degli ultimi cinque anni. Di sicuro — secondo Alfano — l’attuale maggioranza, «in due settimane ha dimostrato di saper superare la prova del quorum al Senato» sulla nota di variazione del Bilancio e «lo scrutinio segreto alla Camera» sulla legge elettorale: «Politicamente due settimane da incorniciare». Grazie anche al premier, vissuto prima come una fotocopia di Forlani poi come un novello Mussolini, ma che in realtà ha dovuto fare il cireneo sul Rosatellum, «agendo con correttezza e adoperandosi per evitare che una legge così importante venisse sottoposta ad agguati». Un patrimonio da «tutelare», un compromesso che è frutto — ancora una volta — di un’intesa maturata tra il leader di Ap e il segretario del Pd e sancita dall’alleanza in Sicilia.
È storia nota, ma al momento è una storia scritta a metà, perché «bisognerà attendere il responso dell’altro ramo del Parlamento», dove è probabile che il governo porrà di nuovo la fiducia. Subito dopo il voto di Montecitorio, hanno preso corpo i timori che a Palazzo Madama l’iter della riforma possa rallentare, nonostante la forza numerica e politica del patto a quattro. Ma nei suoi colloqui Alfano ha voluto sgombrare il campo dal chiacchiericcio su Grasso: «Il presidente del Senato gode della fiducia di tutte le forze politiche ed è un garante delle regole».
Il ministro degli Esteri confida che si troverà il modo per esaminare al più presto il Rosatellum, «perché prima si chiude e meglio è», e poi «dare un margine di tempo per affrontare la legge di Stabilità». La calendarizzazione della legge elettorale per il 24 ottobre collima con l’esigenza di presentare e discutere la settimana successiva al Senato la Finanziaria. Sarà l’ultimo atto prima della chiusura di una legislatura in cui i centristi molte volte si sono ritrovati all’angolo, ma ogni volta Alfano ha potuto dire «ancora una volta». Frase che punta a ripetere anche dopo le elezioni.