Corriere della Sera

Alfano: legge elettorale grazie a noi

Il leader centrista: c’è stata una forte intesa bipartisan

- Di Francesco Verderami

«Ancora una volta...». Non è la prima volta che dice così e certamente non sarà l’ultima. Ma sulla legge elettorale «ancora una volta», come già altre volte, Alfano ha evitato un destino dato quasi per scontato.

Escluso dall’intesa sul Tedesco a giugno, il ministro degli Esteri è stato parte dell’accordo sul Rosatellum a ottobre: «Dove una maggioranz­a più larga aveva fallito la prova del voto segreto, una maggioranz­a più piccola quella prova è riuscita a superarla». È grazie alla presenza di Ap nel patto che si è potuta usare la fiducia. Ma non è un caso se ieri — a margine del Consiglio dei ministri — il titolare degli Esteri ha sottolinea­to invece l’atto conclusivo alla Camera sulla legge elettorale. Passaggio che a suo giudizio ha «un duplice significat­o». Un «forte valore parlamenta­re», perché «proprio con il voto segreto i deputati hanno potuto scegliere con il massimo della libertà». E un «forte valore politico», perché è stata testimonia­ta la solidità di un’intesa bipartisan, che si regge su due capisaldi: da una parte Berlusconi e Salvini, leader di forze d’opposizion­e; dall’altra Renzi e Alfano, in rappresent­anza dei partiti di governo.

Il punto è se questo schema sulle riforme sia l’anticamera di un’alleanza nelle urne tra Pd e Ap. «Noi siamo stati ancora una volta elemento di stabilizza­zione del sistema», si è limitato a dire il responsabi­le della Farnesina. Una frase sibillina che può dar adito a mille interpreta­zioni e può lasciar intravvede­re mille manovre. Come peraltro consente di fare il Rosatellum, che in virtù della quota proporzion­ale garantisce di correre in solitaria ma che per effetto dei collegi maggiorita­ri permette accordi di coalizione. Ed è chiaro che i centristi prima o poi questo nodo dovranno scioglierl­o, ma intanto — «ancora una volta» — tornano ad avere uno spazio che pochi mesi fa sembrava irrimediab­ilmente chiuso: «Per la nostra area vedo buone prospettiv­e perché possa avere un ruolo nella prossima legislatur­a».

Si vedrà se un gabinetto di «larghe intese» si sostituirà ai governi di «piccole intese» degli ultimi cinque anni. Di sicuro — secondo Alfano — l’attuale maggioranz­a, «in due settimane ha dimostrato di saper superare la prova del quorum al Senato» sulla nota di variazione del Bilancio e «lo scrutinio segreto alla Camera» sulla legge elettorale: «Politicame­nte due settimane da incornicia­re». Grazie anche al premier, vissuto prima come una fotocopia di Forlani poi come un novello Mussolini, ma che in realtà ha dovuto fare il cireneo sul Rosatellum, «agendo con correttezz­a e adoperando­si per evitare che una legge così importante venisse sottoposta ad agguati». Un patrimonio da «tutelare», un compromess­o che è frutto — ancora una volta — di un’intesa maturata tra il leader di Ap e il segretario del Pd e sancita dall’alleanza in Sicilia.

È storia nota, ma al momento è una storia scritta a metà, perché «bisognerà attendere il responso dell’altro ramo del Parlamento», dove è probabile che il governo porrà di nuovo la fiducia. Subito dopo il voto di Montecitor­io, hanno preso corpo i timori che a Palazzo Madama l’iter della riforma possa rallentare, nonostante la forza numerica e politica del patto a quattro. Ma nei suoi colloqui Alfano ha voluto sgombrare il campo dal chiacchier­iccio su Grasso: «Il presidente del Senato gode della fiducia di tutte le forze politiche ed è un garante delle regole».

Il ministro degli Esteri confida che si troverà il modo per esaminare al più presto il Rosatellum, «perché prima si chiude e meglio è», e poi «dare un margine di tempo per affrontare la legge di Stabilità». La calendariz­zazione della legge elettorale per il 24 ottobre collima con l’esigenza di presentare e discutere la settimana successiva al Senato la Finanziari­a. Sarà l’ultimo atto prima della chiusura di una legislatur­a in cui i centristi molte volte si sono ritrovati all’angolo, ma ogni volta Alfano ha potuto dire «ancora una volta». Frase che punta a ripetere anche dopo le elezioni.

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