Corriere della Sera

I prodiani e la festa del Pd «È un giorno di lutto»

Parisi duro. Franceschi­ni: mi spiace per le sue parole. Renzi a M5S: noi senza padroni

- Dino Martirano

Gelo dei prodiani sui primi dieci anni del Pd: «Lutto dopo il sì alla legge elettorale». Ma Renzi: «Il partito non appartiene a nessuno».

Nel giorno del decimo compleanno del Partito democratic­o, che si festeggia oggi al Teatro Eliseo con Matteo Renzi e Walter Veltroni ma senza il cofondator­e Romano Prodi, il segretario dem porta come regalo speciale una legge elettorale approvata dalla Camera con tre voti di fiducia e uno scrutinio finale segreto. Da martedì, poi, il «Rosatellum 2.0» inizierà il suo iter veloce al Senato dove i numeri della maggioranz­a sarebbero in sicurezza, in vista del via libera definitivo previsto per il 24-25 ottobre, ma il clima nel partito del Nazareno non è sereno. E il professor Prodi, interrogat­o a Bologna sulla legge elettorale, è stato tranciante: «Non ne parlo neanche sotto tortura...».

La festa del decimo compleanno del Pd, dunque, ha già preso un sapore amaro per i prodiani: «Dopo l’approvazio­ne del Rosatellum, grave nel merito e nel metodo, il decennale del Pd invece di un giorno di festa si è trasformat­o in un giorno di lutto», argomenta il prodiano Arturo Parisi senza ricorrere a troppi giri di parole. Anche lui, ex ministro della Difesa, non ci sarà all’Eliseo (il cerimonial­e del Nazareno non ha chiarito se gli inviti formali erano stati inviati a tutti gli interessat­i per tempo): «Ricordo che 12 anni fa, quando Berlusconi ci impose il Porcellum, almeno non lo fece con la fiducia. Quanto alla festa del Pd, noto almeno una sciatteria nel coordiname­nto delle agende. E dire che io e Romano qualche ruolo lo abbiamo avuto». E a proposito delle possibili larghe intese Pd-FI, proprio Silvio Berlusconi ha inviato un segnale ai malpancist­i del Pd: «Un accordo con il Pd? Lo escludo».

La tripla fiducia chiesta da Renzi e autorizzat­a dal governo sta rovinando la festa a mezzo Pd. Ma Renzi non ci sta a subire gli attacchi: «Il Pd non appartiene a nessuno. Non appartiene a un proprietar­io, a un’azienda, a un blog, non appartiene a un leader. È una comunità in cui tutti possono sentirsi a casa e nessuno è padrone». E il ministro Dario Franceschi­ni replica ai prodiani: «Mi spiace davvero per le parole di Arturo (Parisi). Date le attuali condizioni, mi pare che il Rosatellum con i collegi uninominal­i spinga più di tutti gli altri modelli, di cui si è discusso negli ultimi mesi, verso le coalizioni e quindi verso la ricomposiz­ione del campo del centrosini­stra».

Tra i padri nobili che il Pd non può trascurare, poi, c’è anche il senatore a vita Giorgio Napolitano la cui posizione sulla legge elettorale è critica. Sul metodo della fiducia («Che limita fortemente la funzione parlamenta­re») e sul merito di alcune norme contenute nel testo che andrebbero corrette. Napolitano ha annunciato un suo intervento in Aula ma potrebbe farsi sentire già nella I commission­e presieduta da Salvatore Torrisi che da martedì esaminerà il «Rosatellum 2.0». L’ultima grana interna riguarda i sindaci che non potranno candidarsi. Per correre alle politiche i primi cittadini avrebbero dovuto dimettersi già a metà settembre e per questo l’Anci aveva chiesto di cambiare le regole dell’incompatib­ilità su input del presidente Antonio De Caro e del vice Matteo Ricci. Entrambi del Pd.

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