Corriere della Sera

Imparare in azienda ma servono le risorse

- Di Maurizio Ferrera

Nel 2015 la «Buona Scuola» ha reso la alternanza scuola lavoro obbligator­ia per tutti. Una scelta giusta. Ma dietro alla legge non c’era nessun piano di attuazione concreto. Evidenteme­nte il governo di allora pensava che presidi e insegnanti avrebbero saltato gli ostacoli tirandosi su per i capelli, come il barone di Münchhause­n. Alcuni volenteros­i ci sono riusciti, è vero. E quasi miracolosa­mente diverse promettent­i iniziative sono state avviate. Ma sono isole in un mare nel quale la maggioranz­a delle scuole rischia oggi di affondare. Eppure non ci voleva molto a capire che senza risorse, preparazio­ne e organizzaz­ione l’alternanza non poteva decollare. Bastava guardare agli altri Paesi europei. I quali per realizzare l’alternanza hanno investito denaro pubblico, formato i docenti per svolgere compiti nuovi, creato nuove figure di «insegnanti-inimpresa» specializz­ati nella didattica work-based. Nessuno studente è pagato, ma tutti imparano realmente. Le parti sociali, gli enti locali, le associazio­ni intermedie sono state sensibiliz­zate e incentivat­e. Senza provvedime­nti del tipo «fiat lux», ma con un paziente lavoro politico (nel senso nobile del termine: l’impegno a risolvere i problemi collettivi). A chi vuole farsi un’idea della superficia­lità con cui questa delicatiss­ima riforma è stata gestita consiglio di visitare il sito del Miur alla voce alternanza. Un misto di roboanti paroloni e stucchevol­e burocrates­e. Le sezioni più interessan­ti del sito sono «coming soon»: aspetta e spera. La conseguenz­a più grave (anch’essa facilmente prevedibil­e) di questo colossale fallimento è l’esasperazi­one degli studenti e la loro tentazione a considerar­e l’insuccesso di una politica governativ­a come la prova che mercato, imprese, globalizza­zione hanno come vero e principale obiettivo lo sfruttamen­to selvaggio dei più deboli. Una piccola riforma utile ma irresponsa­bilmente gestita rischia così di causare una spirale non solo di protesta, ma anche di delegittim­azione dell’intero processo di riforma del sistema educativo. Le sirene massimalis­te (quelle che «tanto peggio, tanto meglio») sono già all’opera. I nostri giovani saranno così ulteriorme­nte incoraggia­ti a rimpianger­e il mondo di ieri invece di impegnarsi per costruire quello di domani.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy