Come funzionano e chi deve farli Domande (e risposte) sui vaccini
Da oggi in edicola con il «Corriere» il libro di Roberta Villa, medico e divulgatrice
Che cosa sono i vaccini? Quali sono obbligatori? Quali le possibili controindicazioni? Sono tante le domande che, in tema di vaccinazioni, si fanno i genitori alle prese con la salute dei più piccoli. E non solo loro, perché i sistemi per rendersi immuni alle malattie riguardano anche gli adulti. A questi e altri quesiti risponde «Vaccini, il diritto di non avere paura», il libro in edicola da oggi con il «Corriere della Sera». A scriverlo è stata Roberta Villa, medico e giornalista. Scienziata, divulgatrice, madre: il suo è un punto di vista molto ampio. Del libro (che resterà in edicola un mese al prezzo di 7,90 euro più il prezzo del quotidiano) anticipiamo qui la prefazione di Luigi Ripamonti e stralci di alcuni testi.
La diffidenza verso i vaccini non è recente. Si può dire che risalga a poco dopo che Edward Jenner, alla fine del Settecento, cominciò a prelevare dalle vacche (appunto) la loro versione del vaiolo per poi inocularla ai suoi «volontari». Ne sentì e ne vide di tutti i colori contro di sé e la sua iniziativa. Si sprecarono immagini di persone trasformate in mucche dopo la vaccinazione, con tanto di corna e coda. Ma i dati a favore di Jenner furono tali che nel XIX secolo il Parlamento britannico decise di emanare una serie di leggi sotto il nome complessivo di Compulsory Vaccination Act (in sostanza «obbligo di vaccinazione») che prevedevano ammende per i genitori che non vaccinavano i loro figli.
Ricorda qualcosa? La reazione di chi continuava a non fidarsi, allora come oggi, fu però strenua, tanto che — nel 1898 prima e nel 1907 poi — vennero promulgate due leggi che permettevano l’obiezione di coscienza. I livelli di vaccinazione crollarono e i focolai di vaiolo ricominciarono a comparire in Inghilterra, ma non in Scozia e in Irlanda, dove la pratica vaccinale continuò a essere accettata e i casi della malattia proseguirono nel loro calo.
Allora è un bene ripristinare quest’obbligo? C’è chi lo ritiene un male necessario, una rassegnata sconfitta di fronte alla sfiducia troppo diffusa verso quella che è stata l’innovazione che in medicina ha probabilmente salvato più vite umane nella storia. Una sfiducia che, come è noto, non fa male solo a chi ne è titolare, ma al tessuto sociale in toto. È il concetto dell’immunità di gregge, quel fenomeno per cui se un determinato numero di persone in una comunità è immune a un’infezione, anche chi non lo è se ne gioverà, perché la circolazione dell’agente infettante sarà impedita o ridotta dall’assenza di «ospiti accoglienti». L’autrice di questo libro più correttamente preferisce definirla immunità di gruppo. E fa bene, anche se va riconosciuto al termine «gregge» una certa efficacia, perché lascia immaginare l’agente in questione come un lupo feroce ridotto all’impotenza da «pecore organizzate».
Però altrettanto bene fa a sottolineare che, al netto delle ragioni sociali, la principale motivazione alla vaccinazione dovrebbe essere proteggere prima di tutto noi stessi e i nostri cari. Roberta Villa, medico e madre, che si è posta in prima persona i problemi relativi a questa decisione per i suoi figli, da divulgatrice scientifica esperta non deflette dal tenere l’obiettivo puntato sul concetto di trust, che in inglese significa «fiducia», che è anche quanto l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) raccomanda di perseguire a proposito dei vaccini.
L’autrice, oltre a passare in rassegna sistematicamente, vaccino per vaccino, i punti critici più spesso chiamati in causa, si dedica con attenzione alla ricostruzione e all’analisi del fenomeno antivaccinista. Un passo e una premessa importanti per porsi in posizione di dialogo con i diffidenti e gli incerti nei confronti di questa enorme conquista della scienza medica. Un’azione che si inserisce in modo coerente con l’attenzione che il Corriere della Sera da sempre dedica al tema.
I nodi da sciogliere L’autrice esamina, vaccino per vaccino, i punti critici più spesso chiamati in causa