Corriere della Sera

Figli, perché è giusto portarli (anche) alla cena di lavoro

- Di Enrica Roddolo

ena di gala al castello, con visita al tramonto lungo i camminamen­ti delle torri. Per un’amante della storia, un’occasione da non perdere (in un giorno di riposo dal lavoro). Ma come fare se a casa non c’è chi si prenda cura del piccolo? Quindi, l’azzardo: verrà con me. In fondo mi aveva già fatto da «assistente» per interviste in giorni sguarniti di asilo, nonni o babysitter. Risultato: mio figlio, studente (alla materna) si era rivelato più ragionevol­e della tenera età (e aveva voluto vedere l’intervista stampata, soddisfatt­o di leggere la firma).

La sorpresa quando, al castello sforzesco a Milano, non mi sono trovata sola con il mio piccolo accompagna­tore galante che, uscendo di casa, mi aveva guardata bisbiglian­do: «Come sei elegante». Di più, qualche mamma aveva portato bebé in passeggino. E i piccoli sembravano godersi la serata.

Poi il dubbio: ma sarà davvero così? Scandaglia­ndo il web ho scoperto che Kate Silverston, giornalist­a della Bbc, si è trovata più o meno nella stessa situazione quando, dovendo parlare alla Royal Geographic­al Society a Londra ricevette la telefonata dal marito che — purtroppo — non riusciva a prendersi cura della piccola quel giorno. Lei non ci mise molto a portare Clemency con sè sul palco degli oratori. Discorso e applausi, per due. L’episodio l’ha ricordato Sally Peck sul Telegraph, citando anche il politico svedese Mikael Oscarsson che non si era fatto remore di disquisire di difesa con in braccio la figlia di 2 anni. Conclusion­e del Telegraph: «È ora di finirla con la separazion­e dei bimbi dalla vita reale».

Certo, non mi era sfuggito, tempo fa, un blog del New York Times che s’interrogav­a: «Dovreste portare o no un bimbo a una festa per grandi?». E il suggerimen­to di molti commenti: non è una buona idea. Ma la spiegazion­e non chiamava in causa i piccoli, quanto i grandi: «Avete i vostri figli e la vostra vita è cambiata. Accettatel­o e smettetela di obbligare la vita altrui a cambiare». Insomma, i piccoli disturbano. Giusto, ma un po’ di parte. Poi mi sono ricordata delle madri olandesi: «Ciascuna segue il proprio estro, senza l’ansia del confronto», come scrivono le autrici de «I bambini più felici del mondo» (Rizzoli Bur). E ho chiesto a Michele Hutchison, autrice del libro con Rina Mae Acosta, come fare? «Portate i bambini con voi, certo! Anche se pensate possano annoiarsi, vedrete che sapranno divertirsi e troveranno anche altri bambini: ma cercate di non far fare loro tardi». Shopping? «I piccoli devono passare del tempo con i genitori anche solo facendo cose normali, non è il caso di portarli sempre in costosi centri per bimbi o lasciarli a casa con qualcuno. Ma non pensiate di portarli dietro come una presenza silenziosa e immobile, dovete coinvolger­li». Come? «Cercate un abito? Fate scegliere loro i capi da provare; al supermerca­to? Date loro la lista della spesa e chiedete di aiutarvi con il carrello».

Come regolarsi, dunque in vista delle cene di fine anno, o nei dilemmi lavoro-famiglia? «Seguite l’istinto — scrivono l’insegnante Allison Vale e la specialist­a di relazioni educative Victoria Ralfs in «Come crescere bambine ribelli e bambini illuminati» (S&K) —. E da tutto ciò i figli possono ricavarne lezioni preziose su come affrontare le difficoltà. A loro fa bene vedervi come una persona che riceve stimoli, guadagna». Il miglior consiglio, forse, lo aveva già dato nel 1946 Benjamin Spock nel bestseller «Il bambino. Come si cura e si alleva»: «Fidatevi di voi stesse. La sapete più lunga di quanto crediate». Stesso consiglio di Jessica Lahey in «Lasciamoli sbagliare» (Vallardi): «Usate il buon senso».

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