Messina: «La ripresa è ormai in atto Ora la priorità al taglio del debito»
Il Ceo di Intesa Sanpaolo: le nuove regole sugli Npl rischiano di creare svantaggi all’Italia Il Fondo monetario: Roma in ripresa, più sforzi per ridurre l’esposizione sui mercati
Dopo vari anni difficili, quella che si sta consolidando nell’Eurozona è una ripresa «decisa e ampia». Al vertice del Fondo monetario internazionale in corso a Washington il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, ostenta ottimismo ma anche cautela: «Serve ancora una politica monetaria accomodante» anche perché i progressi verso un tasso d’inflazione ideale (2%) e capace di autoalimentarsi «non sono sufficienti né convincenti».
In un incontro coi giornalisti anche il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria GrosPietro, e l’amministratore delegato, Carlo Messina, hanno sottolineato come la stessa Italia sia in piena ripresa: meglio delle previsioni per quanto riguarda crescita, export e produzione industriale. «Ormai ogni tre mesi» dice Messina, «la Ue rivede le sue previsioni al rialzo e lo stesso avviene in Italia» dove la banca ha il polso della situazione in tempo reale: «Gestiamo ogni giorno 20 miliardi di euro di transazioni e vediamo più dinamismo. Supereremo il traguardo di 50 miliardi di nuovi finanziamenti a medio e lungo termine che ci eravamo dati: credito che va agli investimenti». Intanto Messina ha centrato l’obiettivo per la riorganizzazione delle banche venete con l’adesione volontaria di altri 3 mila dipendenti al Fondo di Solidarietà.
Ma, oltre a quello del debito pubblico — problema oggi non vissuto come emergenza grazie alla ripresa, ma che frena lo sviluppo — su questo cielo tornato parzialmente sereno restano anche le nuvole delle difficoltà delle banche gravate da un volume consistente di crediti in sofferenza. È un problema serio, che si sta cercando di affrontare in modo graduale. Ieri, sempre qui a Washington, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, dopo aver rassicurato il collega tedesco (uscente) Wolfgang Schäuble («nessun compiacimento per i progressi fatti: andiamo avanti con le riforme anche in periodo elettorale») ha sottolineato che dal dicembre 2016 all’agosto scorso le sofferenze nette delle banche italiane sono calate del 25%.
Da qualche giorno, però, le nuvole sono diventate più dense e cupe con la diffusione di un documento della Vigilanza della Bce (Ssm), il cosiddetto «addendum», che propone nuove regole per gli Npl con vincoli che, se attuati (per ora l’«addendum» è un docu- mento inviato alle banche Ue per un sondaggio), avrebbero conseguenze pesanti per l’Italia: severi vincoli per gli istituti e meno credito nel Paese.
Messina, pur condividendo le preoccupazioni dell’Ssm, ha criticato la soluzione proposta che penalizzerebbe le banche italiane rispetto a quelle spagnole e francesi gravate da altri attivi illiquidi (immobili e titoli derivati senza mercato) che, però, non vengono calcolati come sofferenze. E si è detto allarmato per come un argomento cosi delicato sia stato messo in piazza e sia diventato tema di dispute politiche dentro gli organismi europei: Parlamento, Commissione ed Eurogruppo. La sua preoccupazione è diventata reazione dura quando, proprio durante l’incontro con la stampa, è arrivata la notizia che il direttore
Banche venete Intesa trova l’accordo per altre 3 mila adesioni volontarie al Fondo di Solidarietà
del Dipartimento europeo del Fmi, Poul Thomsen, aveva definito l’«addendum» della Vigilanza Bce, «quello di cui l’Italia ha bisogno». «È una visione grossolana» ha replicato secco Messina.
In effetti, se venissero considerate solo le vulnerabilità delle banche italiane ignorando altri Paesi con istituti altrettanto fragili e l’impatto di tutto ciò sull’erogazione di credito, ci troveremmo davanti a un organismo tecnico che fa una scelta politica.