Tutti i fantasmi di Alfred Kubin E la paura si diverte a sedurre
è anche La fidanzata dei morti, le esperienze quotidiane con una patina di straordinario, creando effetti choccanti. Sofferenze e tensioni si traducono in animali mostruosi, scheletri, serpenti, donne impiccate, particolari anatomici ingigantiti, streghe, demoni, nani, pipistrelli, maghi che avrebbero potuto certamente illustrare i testi sull’inconscio di Sigmund Freud. Da qui, una sorta di incubo permanente. Nato in Boemia — allora parte integrante dell’impero austroungarico —, dopo Salisburgo a dieci anni Kubin va a vivere in un villaggio della valle dell’Inn, a Zell am see. Comincia a disegnare («Avevo sempre avuto una strana tendenza per ciò che era stravagante e fantastico — ricorderà —. E dello stesso tono erano anche i miei disegni infantili: brulicavano di stregoni, di animali grotteschi o paurosi, rappresentavano paesaggi in fiamme»), anche se alla Scuola di arti e mestieri non lo ritengono granché. Insofferente, scappa di casa, si rifugia dal cognato, si arruola nell’esercito (solo per qualche mese), ha un collasso nervoso, rientra a casa. Nel 1898, una piccola eredità gli permette di trasferirsi a Monaco. Studi e disegni. Nel 1902, la prima mostra a Berlino. Successo di pubblico (un collezionista gli compra una cinquantina di lavori) ma non altrettanto di critica («Kubin s’è ispirato a Goya e Rops, sguazzando in fantasie morbose senza avere minimamente i mezzi adeguati per esprimerle, anche perché il suo disegno sembra quasi scolastico (…). Brrr! »). Nondimeno, sul piano economico Kubin ha un momento di tranquillità. Due anni dopo, sposa la sorella dello scrittore Oscar Schmitz, Hedwig, rimasta vedova. Comincia a viaggiare (Vienna, Parigi, Ungheria, Dalmazia, Bosnia) e, sul piano artistico, sperimenta acquarello, litografia e olio (pochissimi, comunque, i dipinti, eseguiti tutti fra il 1902 e il 1910). Punti di riferimento? Füssli, Goya, Bosch, Redon, Rops, Ensor e, soprattutto, Klinger.
È stato detto che, oltre ai propri traumi adolescenziali, la produzione di Kubin rappresenta «lo stato degenerato dell’Europa preguerra e la nascita del secolo moderno». Una forzatura. In realtà, questo «preromantico» anzi tempo non rispecchia il passaggio da un secolo all’altro. Gli incubi in cui resta avviluppato son dovuti ad esperienze personalissime e non hanno a che fare con i vari sconvolgimenti politici del tempo. Un accostamento, invece, è possibile con un altro boemo: Franz Kafka. A Kubin si deve il romanzo L’altra parte (in Italia pubblicato da Adelphi). I personaggi dell’autore de Il castello hanno una loro straordinaria modernità, ma qualcuno di loro è avvolto in una sorta di nube fantastica, un po’ come avviene in Kubin. Da qui la definizione di «Kubin, il Kafka del pennello». Nel 1906, Alfred torna nella valle dell’Inn e acquista un castello del XII secolo, dove — tranne per qualche periodo dedicato ai viaggi (nel ’52 è premiato alla Biennale di Venezia) e un lungo soggiorno in Svizzera — resterà sino alla morte.
Ecco, qui si interrompe la rassegna di Londra.
Ispirazioni Uno stile preromantico che trasforma gli incubi guardando a Füssli, Goya, Bosch e Klinger