Corriere della Sera

UNA CAREZZA ALLE DONNE

L’appuntamen­to La PittaRosso Pink Parade, domenica 22, torna a raccoglier­e fondi per la ricerca della Fondazione Veronesi sul tumore al seno. L’oncologo spiega perché le mani restano fondamenta­li nella visita clinica. E nell’empatia PAOLO VERONESI: MIO PA

- Di Vera Martinella

Paolo Veronesi è, tra i sette figli di Umberto, quello che ne ha seguito la sua vocazione da senologo. Una vita lavorativa, oltre che familiare, a fianco di suo padre: prima nelle corsie dell’Istituto Tumori di Via Venezian, poi all’Europeo di Oncologia e negli uffici della Fondazione che Umberto nel 2003 ha fortemente voluto e che porta il suo nome.

Non ama parlare dei suoi spaccati di vita privata, Paolo. Ha nello sguardo e nel tono di voce la schiva riservatez­za di chi vuol proteggere l’affetto e i ricordi condivisi con un genitore tanto importante. Provo a insistere: qual è l’insegnamen­to primo, l’eredità più forte, che papà ti ha lasciato? Silenzio, un sospiro: «Il rispetto, le mani e uno spirito critico — risponde lui, che oggi è padre di 4 figli, presidente di Fondazione Umberto Veronesi, professore associato all’Università di Milano e direttore della Divisione di Senologia Chirurgica all’Istituto Europeo —. Quando, da studente ventenne, seguivo papà mi stupiva il rapporto che aveva con le sue pazienti: c’erano una stima e un affetto reciproci che, negli anni Ottanta, non trovavo normalment­e nei suoi colleghi».

Paolo insiste sull’attenzione «alle esigenze delle donne, viste non solo come malate — spiega —, un’attenzione che anticipava i tempi: da lì sono partiti i suoi studi di successo che hanno portato a risparmiar­e interventi di chirurgia invasivi per asportare, ogni volta possibile, solo il tumore e non tutto il seno. E poi, lui già metteva in pratica quel consenso informato oggi obbligator­io per legge: non era il medico che decideva e non spiegava, ma dedicava tempo e ascolto alle necessità delle malate».

E le mani? «Sono indispensa­bili strumenti per curare le pazienti, ma anche per accarezzar­le tentando di trasmetter­e empatia e un po’ di serenità» spiega Paolo Veronesi, mentre affiora il ricordo delle tante volte in cui ho visto entrambi avere lo stesso atteggiame­nto: in camice verde ospedalier­o (e a volte anche in giacca e cravatta durante eventi mondani) sfioravano affettuosa­mente donne che li guardavano colme di gratitudin­e e speranza.

«Oggi la medicina è sempre più tecnica e tecnologic­a — prosegue —, ma resta fondamenta­le una buona visita clinica, accurata, esperta. Prima degli esami, sono le mani del medico a dover indagare, trasportan­do anche calore umano e quella confidenza che è alla base del rapporto tra un buon medico e i suoi pazienti».

Veniamo allo spirito critico, colonna portante dell’intera esistenza di Umberto,

che in uno dei suoi ultimi discorsi ai ricercator­i, vincitori delle borse di studio erogate dalla sua Fondazione, li incitava a disobbedir­e: «Vi chiediamo massimo impegno, serietà e dedizione — diceva nell’aprile del 2016 —. E mi permetto di aggiungere un auspicio: che non smettiate mai di interrogar­vi, specie quando le soluzioni sono più difficili, imparate a trasgredir­e se necessario. L’innovazion­e si fonda sulla capacità di rompere gli schemi: ho infranto

i sacri testi dell’oncologia cercando nuove soluzioni per i tumori del seno».

«Papà non si fermava mai — racconta il professor Veronesi —. Ogni traguardo raggiunto era per lui un nuovo punto di partenza. Era molto impegnativ­o, però questa è la lezione che mi ha lasciato: mantenendo un approccio scientific­o, cercare sempre nuove risposte, nuove sfide. Ed è quello che portiamo avanti con la sua stessa dedizione e coerenza in Fondazio- ne Umberto Veronesi. Continuere­mo a seguire la sua strada, concentrat­i su progetti di prevenzion­e, nella cura ai pazienti e nella ricerca di nuove terapie efficaci».

Al centro dell’impegno di Fondazione resta anche il tumore al seno, che oggi fa meno paura (diagnostic­ato in fase iniziale contente la guarigione nel 90 per cento dei casi), ma è pur sempre il più diffuso fra le donne.

Da anni, con il progetto Pink is Good, Fondazione sostiene borse di ricerca e progetti di altissimo profilo scientific­o. Quest’anno, i fondi raccolti permettera­nno di finanziare un progetto multicentr­ico pluriennal­e che mira a ridurre ulteriorme­nte la mortalità da cancro al seno, migliorand­o l’integrazio­ne tra le tecniche diagnostic­he oggi disponibil­i per favorirne un uso personaliz­zato.

E valutando le correlazio­ni tra stili di vita e insorgenza della malattia su un ampio numero di donne, per comprender­e meglio come prevenire questo tumore.

Negli anni 80 di papà mi stupiva il calore con le pazienti che non trovavo nei suoi colleghi

Lui ha infranto i testi sacri della oncologia e invitava i giovani ricercator­i a trasgredir­e

 ??  ?? Il legame Paolo Veronesi insieme con il padre Umberto. Il grande luminare dell’oncologia è scomparso nel novembre del 2016
Il legame Paolo Veronesi insieme con il padre Umberto. Il grande luminare dell’oncologia è scomparso nel novembre del 2016

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