Corriere della Sera

Il soldato del Milan Il rossonero sempre in campo: «Non mi stanco Il derby va solo vinto, anche giocando male»

- Arianna Ravelli

MILANO Franck Kessie («Si pronuncia con l’accento sulla i», precisa), lei sa chi era Stakanov? «Veramente no». Un minatore russo con la tendenza agli straordina­ri. Un po’ come lei, insomma. Riepiloghi­amo: con 12 presenze totali Kessie è tra i rossoneri più impiegati. Da quando è arrivato dall’Atalanta — strappato alla Roma che lo aveva precontatt­ato — non ha più smesso di correre. Praticamen­te sempre in campo, dai preliminar­i di Europa League a domani sera, derby n° 167 di Milano. Kessie, non è che al derby arriva stanco?

«No, no per nulla. Io più lavoro, più ho voglia di lavorare. Per me è normale, nel Cesena ho giocato 35 partite, l’anno scorso sono stato espulso e mi sono fermato a 32. E questa stagione voglio farne anche di più».

Ricaricare le energie quando si gioca ogni tre giorni è anche una questione di testa. Lei come fa a essere sempre sul pezzo?

«Ricordando l’obiettivo. Il Milan mi ha chiamato per tornare in Champions. Questa è una nuova sfida per me, voglio essere all’altezza». Da Bergamo a Milano ci sono 50 km, ma immaginiam­o sia un altro mondo.

«L’Atalanta gioca per restare in serie A, il Milan per vincere lo scudetto. È chiaro che le pressioni siano maggiori, ma io non leggo niente, né giornali né social. Penso solo a lavorare, ci sono tanti compagni di livello che mi danno fiducia. E anche l’allenatore». Che differenze ha notato tra Gasperini e Montella?

«Non tante. Montella è un grande allenatore, perché prende tutte le pressioni su di lui e fa il bene della squadra».

E questo non è sicurament­e un momento facile, dopo due sconfitte di fila. Il Milan è obbligato a vincere nel derby? «Il derby va vinto, non importa se si gioca bene o male, va vinto in qualunque modo».

Quale giocatore dell’Inter teme di più?

«Perisic». Cosa ricorda dei derby del passato? «I gol di Shevchenko, ma anche Zanetti».

Avrebbe mai pensato di arrivare a una sfida così importante? Come ha iniziato col calcio?

«Per strada, in Costa d’Avorio, a Ouragahio, da piccolissi­mo. Ho altri tre fratelli e tre sorelle più grandi, ma solo io faccio il calciatore». La sua famiglia che le diceva?

«Di andare a scuola». E lei ci andava? «Un po’...». Torna nel suo Paese?

«Sì, provo a dare una mano ai ragazzi meno fortunati. Visito le strutture, porto libri, vestiti».

Quando ha capito che sarebbe diventato un calciatore?

«Ai Mondiali Under 17 del 2013. Ho visto lo stadio pieno, c’erano un sacco di procurator­i, hanno cominciato a dirmi “ti porto al Manchester United”,

“ti porto al Real Madrid”. Ho capito che potevo venire davvero in Europa». E come è stato l’arrivo a Bergamo?

«Freddo, sono arrivato a gennaio, non avevo neanche vestiti invernali. Volevo tornare indietro subito. Sono stati mesi difficili, avevo 18 anni, non parlavo la lingua. A Bergamo sono rimasto sei mesi in Primavera, giocavo ancora difensore centrale. Poi sono andato in prestito a Cesena, le cose hanno cominciato a migliorare, mister Drago mi ha spostato a centrocamp­o e fatto giocare sempre». E cosa preferisce? Difesa o a centrocamp­o?

«Centrocamp­o, perché ogni tanto si fa gol. Anche se per me il piacere maggiore è l’assist».

Quando segna però può fare il saluto militare, un omaggio a suo padre. Ci racconta?

«Papà Alexi è morto quando io avevo 11 anni. Ha giocato a calcio, come me a centrocamp­o, ma non so dire se gli assomiglio. Poi è diventato un soldato. Ricordo che faceva sempre quel gesto quando salutava i suoi superiori, mi è rimasto impresso. Così quando segno, lo ricordo». Cosa darebbe per fare il saluto militare nel

Sull’attenti Il saluto militare quando segno è in onore di mio padre morto Voglio giocarle tutte e segnare 8 gol Sono qui per portare la Champions

derby? segnato Suso due l’annogol sarebbe scorso andato disse a che piedise da avesseMila­nello a Milano; non l’ha fatto perché la sua doppietta è valsa solo un pari. «Ok, lo faccio io. Però dobbiamo vincere. Alla fine dell’anno voglio arrivare a otto gol».

Per ora è a due su rigore. Il prossimo chi lo tira tra lei e Rodriguez?

«Chi si sente meglio. Io e lui siamo i rigoristi, poi decidiamo assieme».

A proposito di confronti con i compagni, com’è andata la storia della maglia n. 19 contesa a Bonucci? «Parlando anche con la società, ci siamo messi d’accordo. Ora ho il 79 perché è il più simile al 19». Si è arrabbiato quando hanno messo in discussion­e la sua età?

«No, neanche lo sapevo».

Che fa nel tempo libero?

«Esco pochissimo, quasi solo per giocare a bowling, sono bravo! Guardo molti film, mi piace la serie Transporte­r. Vivo da solo in zona San Siro, ma tra due mesi dovrebbe raggiunger­mi mia madre Natalie. Le dirò che farà freddo, così lei sarà preparata!».

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Senza sosta Franck Kessie, 20 anni, alla prima stagione al Milan, con Bonucci (Ipp)

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