Corriere della Sera

La pazienza di Molinari può portarlo molto in alto

L’italiano è a meno 10 e tiene botta ai più forti. La sensibilit­à del poco atletico Aphibarnra­t

- Marco Dal Fior

Il golf è uno sport strano. Capace un giorno di esaltare un giocatore, di affossarlo in quello successivo. Difficile mantenere rendimenti costanti. Soprattutt­o di questi tempi, quando ad avere le carte in regola per la vittoria sono in molti e non si vedono all’orizzonte campioni imbattibil­i alla Nicklaus o alla Tiger Woods.

Francesco Molinari riesce a non andare in altalena. Garantisce un rendimento costante, frutto di un’ottima tecnica e di un carattere di ferro. Se ce ne fosse stato ancora bisogno, ieri, nella seconda giornata dell’Open d’Italia in scena a Monza al Golf Club Milano, ne ha dato un’altra dimostrazi­one. Partito nel gruppo di testa, sulle prime nove buche ha faticato a tenere il ritmo dei migliori, che a furia di birdie e di eagle scattavano avanti in classifica. I 15 mila spettatori che affollavan­o i fairways immersi nel Parco di Monza si aspettavan­o un’altra cavalcata vittoriosa dell’azzurro. Invece lo Le vittorie score restava inchiodato al -6 di ieri. «E dire che credo di aver giocato anche meglio della giornata inaugurale — si confessa Chicco —, solo che il golf è così, a volte la pallina non ne vuole sapere di entrare in buca. Sono stato bravo ad avere pazienza, alla fine ho avuto ragione».

La svolta è arrivata nella seconda parte del tracciato, peraltro cominciata con un errore alla 10. È un par 3, una di quelle buche corte ma insidiose che in queste prime due giornate hanno un po’ zavorrato lo score di Molinari. Ieri, poi, sul green non tutto è filato liscio come alla prima uscita: «L’avevo detto, ripetersi su quei livelli era molto difficile. Diciamo che ho tenuto botta, a parte quel corto putt alla 17, sbagliato per un errore di concentraz­ione e non di tecnica».

La lotta, in testa alla classifica, è serrata. Guidano il gruppo a -13 l’australian­o Fraser, autore di uno stratosfer­ico -9 di giornata, e l’inglese Wallace. Li insegue a due colpi il thailandes­e Aphibarnra­t, 28 anni, 172 centimetri per 106 chili, fisico non propriamen­te atletico ma una sensibilit­à rara nelle vicinanze della bandiera. Molinari è lì a -10, con intatte ambizioni di realizzare quel «triplete» che la sua Inter portò a casa nel mitico 2010. Chicco l’Open d’Italia lo ha già vinto nel 2006 e nel 2016. Il proverbio popolare è dalla sua parte.

Assolutame­nte in gioco anche Costanti (Getty Images) il gruppone dei giocatori a -9, con lo spagnolo Garcia e l’inglese Hatton, trionfator­e la scorsa settimana in Scozia, che allungano le loro ombre vincenti sulle posizioni di vertice.

La pattuglia italiana, a questo punto, si è notevolmen­te assottigli­ata. Dopo il taglio, sono rimasti in gara Nino Bertasio a -7, Andrea Pavan a -5, i due dilettanti Scalise (-4) e Mazzoli (-3), e il giovane romano Enrico Di Nitto, staccato di 10 colpi dalla coppia di testa. Hanno dovuto fare i bagagli sia Edoardo Molinari, sia Renato

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Paratore, affondati per un colpo in una giornata senza lampi. Fuori anche Matteo Manassero, che continua la sua rincorsa allo swing di qualche anno fa.

Sono in ogni caso in buona compagnia: il taglio si è abbattuto anche su nomi prestigios­i, dal capitano di Ryder Cup Thomas Bjorn, al tedesco Martin Kaymer, dall’irlandese Harrington all’inglese Willet, che lo scorso anno contese fino all’ultimo putt la vittoria a Molinari.

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Francesco Molinari; a sinistra, il thailandes­e Aphibarnra­t
 ??  ?? di Molinari all’Open d’Italia: nel 2006 (primo italiano da Mannelli nel 1980) e nel 2016, a dieci anni di distanza
di Molinari all’Open d’Italia: nel 2006 (primo italiano da Mannelli nel 1980) e nel 2016, a dieci anni di distanza

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