I costi della clausola Iva
Una clausola di garanzia sulla tenuta dei conti pubblici costata ai contribuenti italiani almeno 70 miliardi di euro negli ultimi sei anni. Una cifra enorme, che vale da sola due o tre leggi di Bilancio: somme “una tantum” usate per rinviare il problema, ma senza mai risolverlo. Anche stavolta, perché con la nuova legge di Bilancio gli aumenti Iva previsti a legislazione vigente da almeno sei anni vengono di nuovo sterilizzati, ma solo per il 2018. E si ripresenteranno, più pesanti, già nel 2019. Per congelare l’Iva nel ‘18 si spenderanno 15,7 miliardi, altri 8 ne sono stati stanziati a marzo dalla manovrina, mentre il blocco degli aumenti che dovevano scattare quest’anno è costato 19,2 miliardi. Altri 13 ne ha spesi il governo Renzi per evitare lo scatto delle aliquote nel 2015, e altrettanti li stanziò il governo Monti, nel 2011 quando sostituì proprio con gli aumenti Iva i tagli di spesa immaginati da Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, che volevano recuperare 20 miliardi l’anno dalla riforma fiscale o dal taglio delle detrazioni, ma ritenuti poco credibili dalla Ue.
L’inseguimento dell’Iva è cominciato allora, è stato costosissimo, ma non ci ha avvicinati all’obiettivo. Nel ‘19 l’aliquota Iva ordinaria passerà dal 22 al 25%, quella ridotta dal 10 all’11,5%. Per un maggior gettito di 18,8 miliardi, già iscritto nel bilancio a legislazione vigente del ‘19 e degli anni successivi. A meno di un altro rinvio.