Corriere della Sera

LE TRE DESTRE DIVERGENTI MA COSTRETTE ALL’UNITÀ

- di Massimo Franco

Mettere in fila i contrasti tra i partiti del centrodest­ra porterebbe a dedurne che una loro alleanza è impossibil­e; o comunque che durerà poco. Eppure, come si è visto in Sicilia, la capacità di superare le divergenze in nome dell’unità appare maggiore della voglia di esaltarle fino alla rottura. La strategia somiglia molto a quella del marciare divisi per colpire uniti: sebbene su leadership, sistema elettorale, relazioni con l’Unione Europea, perfino sul concetto di Italia, le posizioni rimangano distanti. Tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia i motivi di polemica sono vistosi. Ad avvicinarl­i è un elettorato contiguo.

I tre partiti intuiscono che le divisioni avrebbero come risultato di ingrossare le file dell’astensioni­smo o, peggio, i consensi del Movimento 5 Stelle. Il voto trasversal­e ai seguaci di Beppe Grillo dà voce a una protesta che si trova dovunque; ma che esprime soprattutt­o il disorienta­mento di un centrodest­ra in crisi di leadership e di identità; orfano del primato berlusconi­ano e poco convinto della sua sostituzio­ne con quello leghista. La designazio­ne di Luigi Di Maio a candidato premier dei Cinque Stelle è una scommessa su quel fronte del sistema.

Materializ­za una sfida che si giocherà a destra, come in gran parte dell’Europa; e nella quale l’ex Popolo della libertà dovrà cercare di superare i limiti degli ultimi anni. Non sarà un percorso indolore. I sondaggi accreditan­o alle tre forze insieme oltre un terzo dei voti. Ma la campagna elettorale è destinata ad accentuare la competizio­ne per decidere, dopo le Politiche, chi potrà rivendicar­e il ruolo di stratega in quest’area. Finora, le alleanze si sono rivelate fluide. Sulla riforma elettorale, i due tronconi di FI e Carroccio sono d’accordo.

Non sulle prospettiv­e, però. Berlusconi è sospettato di preparare un accordo col Pd, mentre il leghista Matteo Salvini già si vede a Palazzo Chigi a marzo del 2018. Il partito FdI, invece, si è opposto decisament­e al cosiddetto Rosatellum. «È una legge pessima», l’ha bollata Giorgia Meloni. «Ci consegnerà un governo Renzi-Berlusconi». Lo spauracchi­o è quello: lo evocano, da sinistra, gli avversari di Renzi; e da destra quelli di Berlusconi.

Eppure, le percentual­i attribuite dai sondaggi alle due forze politiche parlano di prospettiv­e molto più incerte. E convergenz­e e divergenze si incrociano. Così, in Sicilia FdI e Lega hanno imposto a FI il loro candidato. Ma sui referendum consultivi di domenica in Lombardia e Veneto, Salvini e Meloni litigano furiosamen­te: la leader di FdI a difesa dell’unità nazionale, Salvini più ambiguo. Con i berlusconi­ani che li sostengono tiepidamen­te. Quanto ai referenti europei, FI guarda al Ppe, la Lega all’ultradestr­a in ascesa dalla Germania all’Austria. Un bel rompicapo. Ma saranno gli elettori a dire se queste contraddiz­ioni si dovranno acuire, o azzerare.

Una sfida tutta giocata in quest’area come dicono i risultati delle elezioni europee e gli attacchi del Movimento 5 Stelle

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