Corriere della Sera

Iniziate le trattative per la cessione della compagnia di produzione. Björk e le molestie di un «regista danese»

- Chiara Maffiolett­i

Dallo scandalo al movimento, il passo lo hanno fatto tutte quelle donne che, giorno dopo giorno, ispirate dal coraggio di chi le ha precedute, hanno raccontato la loro storia di abusi. È così che il caso Weinstein ha lasciato prima i confini di Hollywood e poi anche quelli del cinema, per diventare un esame di coscienza collettivo su come vengono trattate le donne, specie sul posto di lavoro. Sui social network sono centinaia di migliaia le testimonia­nze raccolte sotto la voce #MeToo (che ha poi ulteriori declinazio­ni in ogni nazione). Già ieri, almeno mezzo milione di storie condivise. Con protagonis­te spesso anonime, a volte famosissim­e. Come Björk. La cantante ha raccontato la sua esperienza «con un regista danese» che le avrebbe fatto capire quanto «questo sistema è universale», e cioè quanto spesso le attrici debbano «subire queste umiliazion­i». Pur non avendo fatto il nome di Lars Von Trier, il riferiment­o è parso scontato, essendo l’unico per cui ha mai recitato, tanto è vero che il regista ha subito negato ogni accusa di molestia.

Dagli Stati Uniti all’Europa: lo scandalo Weinstein è fatto di continui viaggi, andata e ritorno. In America, la compagnia che porta il suo nome, fino a una manciata di giorni fa la più influente di Hollywood, ha iniziato le trattative per la vendita totale o parziale alla Colony Capital. Conseguenz­a di uno scandalo che ha anche connession­i politiche sempre più inquietant­i. Di ieri è la notizia che il produttore, nel 1998, pagò una parte delle spese legali di Bill Clinton per difendersi nel Sexgate. Almeno 10 mila dollari.

E il New York Times, da cui è partita l’inchiesta, sta ora facendo tremare più di una per- sona, dimostrand­o come Weinstein sia riuscito a difendersi, nel 2015, dalle accuse di Ambra Battilana grazie al suo potere, fatto anche di alcuni cronisti pronti a incrinare la credibilit­à della donna e del supporto dell’ex procurator­e di Manhattan. Prova che se non tutti, molti sapevano.

Le oltre quaranta donne che finora hanno parlato, sicuro. Ma anche tanti altri, tra cui Mickael Chemloul, per anni autista di Weinstein in Costa Azzurra. «Quando si innervosiv­a, spaccava tutto. Era infernale», ha detto, raccontand­o anche di aver trasportat­o molte attrici, quasi sempre poco note e molto giovani, negli alberghi del produttore. Quando poi le andava a prendere, spesso «erano in lacrime... uscivano scalze, in condizioni psicologic­he che lasciavano a desiderare». Tra loro, tante attrici francesi che non hanno testimonia­to: «Almeno quante negli Stati Uniti». Anche Carla Bruni è intervenut­a: «Questo movimento serve per aiutare le donne anonime che subiscono questo ogni giorno».

L’ex première dame si è detta però contraria alla proposta di Macron di ritirare la Legione d’Onore al produttore (che gli fu data da Sarkozy). «Al di là della sua perversion­e, ha fatto molto per il cinema... Allora si dovrebbe ritirare a tanti».

Harvey e Bill Clinton Nel 1998 pagò una parte delle spese legali di Bill Clinton per la difesa nel Sexgate

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