Michele, sulla nave scuola di Venezia «Da 2 anni vivo a bordo per salvarla»
Ha comprato all’asta il Marinaretto. «Datemi un luogo sicuro e la restauro»
scuola dell’Istituto nautico sull’isola di San Giorgio
Èancorato in mezzo alla Laguna di Venezia, a poche decine di metri dall’isola di Poveglia, e ha un’aria misteriosa. Così silenzioso sembra un fantasma, un fantasma buono, con addosso il peso degli anni e forme che nell’oscurità e nelle foschie autunnali si dissolvono. Il suo nome è Marinaretto e andrebbe bene per uno di quei personaggi da libro Cuore. Non è però una persona ma una motonave. E se non si fa presto a portarla in un luogo sicuro al riparo dalle sferzate dello scirocco, rischia di scomparire per sempre l’ultima nave di legno costruita a Venezia.
Fu la nave scuola del prestigioso istituto nautico sull’isola di San Giorgio (dopo che a fine anni 60 fu venduto ai francesi il «Giorgio Cini», uno stupendo brigantino varato nel 1896 che il conte Vittorio Cini volle intitolare alla memoria del figlio Giorgio, morto in un incidente aereo) che ha formato migliaia di marinai, radiotelegrafisti, motoristi. Costruita nel 1954, ha navigato tanto con a bordo i propri allievi.
Ma il Marinaretto ha un angelo custode. Si chiama Michele Tonolotto, veneziano, 53 anni: da due vive sulla barca da solo, lasciandola giusto il tempo di approdare a terra con un’altra barchetta per fare una spesa veloce ogni dieci giorni. Tonolotto è un costruttore navale («ma ho dovuto mollare tutto perché non potevo lasciare solo il Marinaretto») che due anni fa si è aggiudicato all’asta l’imbarcazione (era l’unico partecipante) per soli 100 euro. La scuola, vista la carenza di fondi, non poteva più mantenerla, il suo è stato un atto d’amore per salvarla dalla demolizione. «Andavo di notte, abusivamente, a svuotarla dall’acqua, se vedevo che la linea di galleggiamento era sotto il limite di pericolo — racconta —. Ci andavo con un doppio kayak, per poter caricare da una parte una grossa pompa e dall’altra una grossa batteria per alimentarla».
La motonave, lunga 22 metri e larga 5,33, ha cucina, bagno, 12 posti letto, sala carteggio e sala macchine, con un motore Ansaldo da 180 cavalli costruito a Genova 65 anni fa. «È di quelli fatti per durare — aggiunge Tonolotto —, ma non può essere avviato senza una totale revisione. Per questo la nave è ancorata in un canale, infrangendo un’ordinanza. Ma pesca due metri e mezzo e ha bisogno di acqua profonda, che ci posso fare...». Tonolotto a bordo deve vigilare, non solo per scongiurare i furti di amatori a caccia di pezzi d’epoca — fanali, bussole, timone — ma anche per evitare che quando arrivano le sciroccate il Marinaretto venga sbattuto sull’isola di Poveglia.
«Pago l’affitto di casa per niente, ho già trascorso due inverni a bordo — spiega Tonolotto —. È dura, non posso utilizzare una stufa, preferisco patire il freddo che rischiare un incendio. Ho una compagna, Daniela, la vedo poco ma se non ci fosse lei nemmeno mangerei visto che ho dovuto lasciare tutte le mie attività».
Tonolotto ha provato a bussare a tutte le porte, a cominciare dalle istituzioni veneziane: «Ma non mi hanno risposto». E aggiunge: «Non voglio elemosine, non chiedo soldi, non vendo la nave. Il mio sogno è ottenere un posto sicuro all’Arsenale, perché accolga un simbolo della marineria veneziana, un’operazione museale. Il suo restauro coinvolgerebbe le future generazioni, sarebbe un’occasione per trasmettere il mestiere di carpentiere navale che si è quasi perso. E nel periodo degli esami potrebbe accogliere gli allievi dell’istituto nautico». Insomma: «Il Marinaretto ha ancora tanto da dire se lo si mette al sicuro, altrimenti quest’inverno lo perderemo e ci resteranno solo le sue fotografie».
La storia Costruita nel ‘54 ha formato migliaia di marinai, motoristi, radiotelegrafisti