Il Nord Est cerca (e non trova) operai, periti e ingegneri
L’appello delle imprese del Padovano. I casi aziendali
Nella meccanica i posti ci sono. Ma c’è un buco di lavoratori. Specie nel nord est, lo scenario è molto difficile perché domanda e offerta non s’incrociano. E nella provincia di Padova, cuore della subfornitura meccanica, una miriade d’imprese lancia un appello perché un operaio su quattro non si trova.
Roberto Peruzzo Srl, da sei mesi cerca due ingegneri meccanici (di cui un progettista), tre periti e un paio di operai abili nella tornitura/fresatura. Produce attrezzature per l’ agricoltura partendo dai prototipi e l’80% è destinato al nord Europa/Usa/Australia. E’ anche fornitore di brand tedeschi/ giapponesi. «Ultimamente — dice — ho fatto 15 colloqui e non ho concluso nulla. Ho avuto anche uno stagista tornitore per tre settimane: era al 4° anno dell’Itis di Cittadella. In pratica, stava seduto a guardicchiare il caporeparto: zero curiosità. Riceviamo 8-10 curriculum al giorno ma non si propongono mai per la produzione. Vogliono stare al pc. Adesso, mi affido agli istituti di ricerca specializzata. Per la progettistica, do da lavorare a terzisti. Trovare un ingegnere meccanico è una follia: solo informatici».
«Da un anno, cerchiamo due manutentori e due ingegneri», spiega Nicola Sartore, ceo della Sariv Srl che realizza rivetti a strappo e inserti filettati. Da tre anni, ha virato su un sistema di manifattura digitale e gli operai passano il 10% del tempo sul touch. «Il problema del reclutamento è enorme perché i pochi che si propongono non hanno le skill che prevediamo noi. Rispetto a 20-30 anni fa, la foto della fabbrica è radicalmente cambiata: stiamo infatti lavorando a un piano formativo post diploma “per allineare i giovani”. Sì, sono esperti sul digitale... ma non abbastanza preparati nella meccanica sul campo. Quelli disponibili li troviamo col passaparola: facciamo a gara per accaparrarceli».
Manda l’Sos anche Gianfranco Piva, a capo della Micromeccanica di Padova che produce minuteria metallica (anche) su specifica del cliente. Da mesi, cerca tre apprendisti. «Devo inserirli nel controllo qualità — spiega —. Devono, cioè, verificare che quanto esce dalle macchine sia conforme al disegno. Un lavoro che dovrebbe stuzzicare i più giovani. Lo stipendio che darei io, poi, è ben più alto dei 900 euro che prendono gli operai di altri settori. L’Enaip, che organizza svariati corsi professionali, mi ha detto che hanno una pioggia di richieste per aspiranti cuochi. Sono poche quelle per la meccanica». «Siamo in crescita sull’export — dice Andrea Tiburli della General Fluidi, produttrice di componenti per l’oleodinamica —. Siamo una mini sartoria molto automatizzata e ho bisogno di operai da inserire previo stage. Mi sono rivolto all’Itis “Marconi” e mi hanno dato i nomi di 14 neodiplomati. Mi ha risposto uno soltanto. Ha 19 anni e mi ha convinto. Da oltre un mese, però, aspetto di rivederlo: l’iter Progetto Formativo del Centro per l’impiego sembra una via crucis. D’altra parte, alle agenzie per il lavoro non chiedo più: piazzano in fretta solo 30enni poco qualificati e demotivati che vanno a rilevare bar-code nei Centri commerciali. E li pagano a settimana. E li riconfermano il venerdì sera».
«La meccanica, assai spesso, è mini o micro — chiosa Confapi Padova —. Questo connotato è tipico del nostro territorio che è ricco di solide realtà che lavorano per conto terzi ed esportano moltissimo in Germania. Scuole e università devono tenerne conto. E adeguare i corsi. Le aziende hanno bisogno di giovani a cui passare il testimone. Siamo in crisi: non per mancanza di lavoro ma di lavoratori...».
La Confederazione La Confapi locale: «Siamo in crisi, non per mancanza di lavoro ma di lavoratori»