Raccontare una multinazionale nella casa che fu degli orfanelli
Carlo Valsecchi espone nell’ex Ospedale dei Bastardini. «Cerco ispirazioni ovunque»
Quello di archeologia industriale è un bel concetto. Per Carlo Valsecchi sintetizza bene una sfida culturale. Lo spazio mentale che diventa fisico in un percorso astratto. «Cerco un confine, l’idea di bordo, prima ancora dentro di me e di conseguenza nell’immagine. Porto l’industria nei musei perché per me rappresenta un gigantesco studio d’artista, quello che non potrò mai avere» racconta Valsecchi, che negli spazi all’interno dell’ex ospedale dei Bastardini a Bologna ha allestito la sua Developing the Future: 36 fotografie realizzate in collaborazione con Philip Morris per la terza edizione della Biennale Foto/Industria 2017.
«È forse la prima volta che accetto un incarico da un’entità che non sia un collezionista d’arte, senza un rapporto diretto e un linguaggio comune. Mi hanno chiesto di esplorare attraverso la mia poetica questo sito produttivo. Tutto in un costante rapporto analogico tra macro e micro, tra interno ed esterno, tra giorno e notte, tra movimento e staticità, tra forma-funzione, tra bianco e nero. Il risultato evoca l’arte concettuale di On Kawara, cita anche la teoria delle convergenze ● Carlo Valsecchi è nato a Brescia nel 1965. Vive a lavora a Milano. Nel 1992 il suo lavoro è stato selezionato per la Biennale d’architettura di Venezia; poi ha cominciato a tenere mostre in Italia e all’estero. Le sue fotografie sono state esposte in istituzioni di tutta Europa parallele di Aldo Moro ai tempi del compromesso storico. La sfida era raccontare macchinari sofisticati che tracciano lo spessore dei film di tabacco: uno scarto minimo ma che cambia sempre» racconta l’artista, classe 1965.
Un lavoro lungo mesi, fatto di sopraluoghi e ricerche per fare dialogare gli spazi con i concetti: «Per capire se era un progetto nelle mie corde, cercare un fulcro. Un posto pazzesco, meraviglioso, ma di cui non esistevano informazioni. Ho passato notti a leggere libri, a scavare nei capitolati per decifrare le geometrie di questo posto complesso composto da un disordine tipico di un Cinquecento non finito. Non volevo inserire pannelli bianchi, né ricreare un allestimento di design. Così ho cercato di ragionare come un pittore del ‘500, cercando di azzerare tutto il tempo passato. Ho iniziato ad aprire lo spazio per capirne la natura» racconta Valsecchi.
Una vita in giro per il mondo a fotografare per rendere arte le forme che lo hanno sempre affascinato: «Guardo una chiesa, un palazzo, ma anche Il metodo Ho cercato di ragionare come un pittore del ‘500 provando ad azzerare tutto il tempo passato un film e mi scattano in modo naturale una serie di analogie che collegano tutto. Mi succedeva fin da quando ero bambino, anche se lì poi facevo soprattutto sport, ero appassionato di nuoto e pallacanestro». Oggi a 52 anni e (per merito) di un figlio di 4, ha scelto di fare base a Milano: «Mi ha sempre affascinato la visione di questa città, a partire dagli anni Sessanta, con quello stile di calvinismo low profile». Nato a Brescia, cresciuto a Udine, sognava di fare l’artista: «Devo quasi tutto a Cesare Genuzio, il mio maestro in una bottega quasi rinascimentale a Pordenone». Valsecchi ha poi studiato a Milano, allo Ied, nel cuore degli anni Ottanta: «Ci sono arrivato senza conoscere nessuno, mio Colori Carlo Valsecchi, # 01001 Crespellano, Bologna, 2016 © C. Valsecchi. Courtesy of Philip Morris Manufacturing and technology Bologna. La mostra «Sviluppare il Futuro» è all’ex Ospedale dei Bastardini padre era imprenditore e scegliendo un’altra strada ho accettato il rischio pagandomi tutte le scuole» ricorda. Tra i suoi maestri, in una carriera che l’ha portato a esporre ovunque, da Venezia a New York, ci sono anche Norman Foster, Guido Costa, il designer Italo Lupi, il gallerista e editore Walter Keller e Fausto Radici: «Era nella Valanga Azzurra con Thoeni, ma era anche un collezionista visionario, è l’uomo che mi ha tolto ogni freno nel mio lavoro. Ho capito che il mio percorso funzionava quando insieme a ogni servizio commissionato offrivo anche il mio in una chiave diversa, di ricerca. E sceglievano sempre il mio».
Si parla di ispirazione e Valsecchi è una citazione continua: da Blade Runner a Metropolis, da Adorno a Giotto. «Ovunque mi giro trovo riferimenti passati dalla storia dell’arte» spiega. Una ricerca continua: «Leggo e guardo tutto. Appena posso approfondisco, altrimenti ritaglio e tengo tutto in un cassetto. In questi giorni a Bologna ho trovato un libretto di Paolo Legrenzi che mi ha affascinato: spiega la dialettica tra ordine e caso, ma partendo da un quadro di Pollock».