Le confessioni postume di George Michael: il successo mi ha reso solo
L’ossessione per la fama e il successo. E poi la voglia di scappare una volta che la popolarità ti travolge. È la voce stessa di George Michael a raccontare gli alti e bassi di una carriera e una vita chiuse tragicamente lo scorso anno. La popstar si confessa in un documentario cui stava lavorando ancora a tre giorni dalla morte. «George Michael: Freedom» (in onda su Sky Arte sabato) era stato pensato per lanciare la ripubblicazione di «Listen Without Prejudice vol. 1» che uscirà venerdì con allegato l’MTV Unplugged del 1996 e la bside «Fantasy» remixata da Nile Rodgers. «Avevo la disperata ambizione di essere famoso, amato e rispettato», racconta la star. Prima con gli Wham! e poi da solo con il debutto solista «Faith» gli arriva tutto quello che cerca. Ma il successo lo brucia. Troppa pressione: «Ero solo, con una tendenza all’autodistruzione». La popstar racconta quindi il tentativo di fuggire dal personaggio: un disco senza il nome in copertina e nessuna intervista o apparizione tv per quel «Listen Without Prejudice vol.1» che uscì nel 1990. La casa discografica non ci sta, la tensione finisce in tribunale. È il periodo più cupo della sua vita: carriera in stallo, la morte del primo compagno (Anselmo Feleppa) e della madre. Nel documentario anche le testimonianze di amici e colleghi come Elton John, Liam Gallagher, Stevie Wonder, Kate Moss, Naomi Campbell e Jean-Paul Gaultier. (a. laf.)