Corriere della Sera

Da Carter a Obama, il club degli ex presidenti

Si sono riuniti per raccoglier­e fondi per le vittime degli ultimi uragani Ma i 5 precedenti inquilini della Casa Bianca, da Carter a Obama passando per i Bush, sembrano avere un’altra cosa in comune: l’allergia nei confronti di Trump. Ricambiata con gli i

- Di Giuseppe Sarcina

Carter, Obama, Clinton, Bush padre e figlio: cinque ex presidenti americani insieme per raccoglier­e fondi a favore delle popolazion­i colpite dagli ultimi uragani. L’occasione un concerto benefico alla Texas A&M University. Trump si è limitato a registrare un messaggio. Con gli ex presidenti non c’è grande sintonia.

WASHINGTON Bill Clinton spinge la sedia a rotelle di George H. W. Bush. Barack Obama e l’altro Bush, George W., si scambiano colpetti sulla spalla. Jimmy Carter continua a sorridere. La Vecchia America si dà appuntamen­to in Texas, nella cittadina di College Station, 140 chilometri da Houston. Cinque ex presidenti, 40 anni di storia, dal primo e unico mandato di Carter (1977-1981) al secondo appena terminato di Obama. Nel mezzo l’epoca e l’epica dei due Bush, padre e figlio, nonché di Clinton.

L’occasione è un concerto per raccoglier­e fondi da destinare alle vittime degli uragani Harvey, Irma e Maria che hanno colpito l’area di Houston, la Florida e devastato Porto Rico. Al pianoforte, Lady Gaga. In collegamen­to video, Donald Trump. Il leader in carica della Casa Bianca non è venuto. Si è limitato a registrare un messaggio cortese: «Tutti e cinque i presidenti viventi hanno avuto un ruolo enorme nell’aiutare il soccorso dei nostri cari concittadi­ni. Questo sforzo meraviglio­so ci ricorda che siamo veramente una sola nazione al cospetto di Dio, tutti unificati dai nostri valori e dalla solidariet­à reciproca».

Poi Trump si è subito rituffato su Twitter, con il solito assortimen­to di «Crooked Hillary», la corrotta Hillary Clinton, di «Fake news» eccetera. Qui neanche un accenno ai suoi cinque predecesso­ri. Il Trump spontaneo, «il vero Trump», ha lasciato che «la pratica» venisse sbrigata dal cerimonial­e della Casa Bianca. Il segnale è chiaro: una conferma in realtà. Gli ex titolari dello Studio Ovale, repubblica­ni o democratic­i che siano, condividon­o una forte e manifesta allergia, personale prima ancora che politica, nei confronti di «The Donald». Ricambiata con gli interessi.

L’evento benefico di College Station, «Dal profondo del cuore», lanciato il 7 settembre scorso nell’ambito dell’iniziativa «One American Appeal», si è risolto con una raccolta di 31 milioni di fondi. Più alcuni interessan­ti spunti politici. Sono bastate poche frasi di Obama, Clinton e George W. Bush per tirare giù l’auditorium. Di fatto i tre hanno usato quasi le stesse parole ascoltate nella clip di Trump: «solidariet­à», «unità», «compassion­e». Fino al momento culmine: l’inno nazionale con i presidenti allineati, stretti intorno alla carrozzina di Bush padre, in piedi, la mano sul cuore. Il pubblico ha reagito con entusiasmo esplosivo. I commentato­ri dei media americani, invece, con qualche congettura e una domanda: questi cinque uomini stanno diventando i simboli, i punti di riferiment­o dell’opposizion­e reale nell’epoca di Donald Trump?

No, tutti e cinque sembra un po’ troppo. Il discorso vale, invece, per Obama e anche per Bush figlio. Hillary Clinton racconta nel suo libro «What Happened» (Che cosa è accaduto) quale fu il commento dell’ultimo presidente repubblica­no, ascoltando sul palco del Campidogli­o l’aggressivo discorso inaugurale di Donald Trump, lo scorso 20 gennaio: «Ma che razza di m…». Il 21 ottobre George W.Bush ha messo in bella copia lo stesso giu- dizio, davanti alla platea del Time Warner Centre di New York per un’iniziativa del Bush Institute: «Quando perdiamo di vista i nostri ideali, non è la democrazia che ha fallito. Il fallimento è di coloro incaricati di proteggere e difendere la democrazia». L’atteggiame­nto dei Bush, e dentro c’è anche Jeb, triturato da Trump nelle primarie 2016, per ora resta sullo sfondo in un partito repubblica­no già lacerato dalle spinte oltranzist­e di Steve Bannon e dagli strappi della Casa Bianca. Si vedrà più avanti, forse già a ridosso delle elezioni di mid-term nel novembre 2018, se il «neo-bushismo» troverà spazi politici.

Obama, invece, è già in campo. Anzi, di fatto non n’è mai uscito. In questi giorni ha fatto campagna elettorale per i candidati democratic­i alla carica di governator­e nel New Jersey e in Virginia. Con un nuovo slogan: «Respingiam­o la politica della divisione e della paura». Il 31 ottobre e il primo novembre terrà a Chicago una convention su «giovani e leadership». Tra gli ospiti Matteo Renzi e il principe britannico Harry.

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Cinque ex presidenti americani al concerto in Texas. Da sinistra, Jimmy Carter, George Bush sr, Barack Obama, George Bush jr e Bill Clinton
 ?? (Afp) ?? Potus Da sinistra: Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti dal 1977 al 1981; George H. W. Bush, in carica dal 1989 al 1993; Barack Obama, che ha occupato lo Studio ovale dal 2009 al 2017, George W. Bush, alla Casa Bianca dal 2001 al 2009, e il suo...
(Afp) Potus Da sinistra: Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti dal 1977 al 1981; George H. W. Bush, in carica dal 1989 al 1993; Barack Obama, che ha occupato lo Studio ovale dal 2009 al 2017, George W. Bush, alla Casa Bianca dal 2001 al 2009, e il suo...

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